Fuori orario

"io voglio vivere, voglio solo vivere."

(di Martin Scorsese, Usa, 1985)

a cura di Marcello Menna

Un tranquillo tecnico di computer, Paul Hackett, incontra una donna in una New York tetra e cupa e inizierà una sorta di incubo kafkiano. L'uomo vivrà una serie di eventi grotteschi e angosciosi dai cui non riuscirà a divincolarsi. Il tema di questa commedia nera è il simbolo archetipico della vagina dentata, manifestato attraverso una galleria di donne che, prede di desideri protettivi-distruttivi, trascinano il povero Paul, uomo qualunque, in un vortice da incubo.
La trama é semplice e inquietante: un normale informatico passa una notte folle, in cui tutto sembra surreale e invece è la tragica realtà. Scoprirà che l’immagine femminile si è ridotta al divoramento materno del maschile: il ruolo castrante è svolto dalle donne, poiché esse (ma non solo loro) si trovano a incarnare il sogno della Grande Madre. Numerosi i simboli di castrazione: il disegno di uno squalo che morsica il pene, la perdita dei soldi, un fallico mazzo di chiavi lanciato dalla finestra da una dark lady, le trappole per topi attorno al letto, la frustante rottura di ogni relazione.
La storia di Paul incomincia con la più banale delle occhiate, quella alla bionda. In seguito i suoi casuali incontri con donne sconosciute: la perversa, la suicida, l'isterica, la viriloide, la possessiva. Queste donne lo seducono e, quando tenterà di liberarsene, daranno vita ad una caccia allo “strego”. La sua colpa, essere il ladro del quartiere, è frutto del loro delirio.
Tutti lo inseguono e lui fugge verso casa. Ma anche quando il pericolo sembra svanito, il grembo materno è alle porte: si nasconde nel rifugio-prigione dell’utero, una statua di cartapesta amorevolmente costruita da una scultrice materna, rimanendo così intrappolato. Si salverà grazie all’intervento di due ladri maschi, che lo ruberanno (credendolo una statua) e romperanno involontariamente il guscio in cui è avvolto. Alla fine si ritroverà, sempre per caso, davanti al suo monotono ufficio. Con la speranza di esaudire la sua richiesta: “Voglio solo vivere”.