La guerra dei mondi

di Steven Spielberg
(anno 2005, distribuzione UIP; con Tom Cruise e Tim Robbins)

Recensione a cura di Davide Cattini

E’ nelle sale il film di fantascienza “La guerra dei mondi” interpretato da Tom Cruise. Piena di effetti speciali, la pellicola racconta di un padre e i due figli in fuga dagli alieni che, incontrastati, stanno invadendo la Terra.
Sotto attacco, messo a dura prova, questo trio di fuggiaschi risulta però tutt’altro che una bella famigliola. Intanto, i due figli guardano il padre, divorziato dalla madre e presso il quale si trovavano per il solo fine settimana, come un ragazzone viziato, privo di senso di responsabilità nei loro confronti.
Perciò il figlio più grande non manca di manifestargli continuamente la sua disistima; la bambina, dal canto suo, gli disobbedisce a spron battuto.
I due minorenni non hanno però tutti i torti: papà Tom Cruise passa sì il tempo a salvar loro la vita, ma con una ragionevolezza traballante.
Come quando cerca di impedire in tutti i modi alla bambina di vedere coi propri occhi l’orrore che sta loro accadendo intorno, ora coprendole gli occhi, ora persino bendandola. Oppure come quando, per sostenere la speranza della piccola nel macello generale, il buon Tom non sa far altro che proporle di andare a cercare la madre. Così i tre intraprendono l’avventura in direzione “casa dei nonni”, dove la madre si deve trovare “per forza”, non certo ”a ragion veduta”.
Tutti e tre comunque “vogliono crederci”, appiattiti sulla posizione della bambina sette-ottenne, e tanto basta. Alla fine poi sembra che ci creda anche il regista: infatti la mamma risulterà ancora viva ed è proprio a casa dei nonni che verrà ritrovata.
In una situazione, quindi, in cui il problema sentito ”vero” dal pubblico sarebbe stato “distruggere” gli alieni, il regista va dietro a uno che non sa fare altro che “correre dalla mamma”. Il film che ne deriva è un delirio matriarcale dove la realtà per quanto dura non può distogliere i protagonisti dal desiderio del volto sempre lieto di “mammà”, nel cui sorriso ogni domanda di senso di fronte al dolore sovrastante si assopisce, in una serenità drogata “senza se e senza ma”.
Detto fuori dai denti: fantascienza o fanta-scemenza?

[14 luglio 2005]