La città proibita

Regia Ymou Zhang
Con Chow Yun Fatt e Gong Li
Cina 2006

A cura di A. Ermini 

Qualche critico ha evocato Shakespeare e la tragedia greca classica. Verissimo, e di conseguenza in questo potentissimo affresco ci sono i miti e gli Dei della stessa Grecia, rappresentazione di archetipi eterni e universali, dei rapporti e delle lotte di cui sono stati e sono protagonisti. Il potere e la sua legittimità, il fratricidio e il parricidio, l’incesto, il potere della Grande Madre in contrasto con quello del Padre.
In mezzo a scenografie grandiose, a musiche epiche e colori vivissimi, il film ci racconta la storia della famiglia imperiale Tang, nel IX secolo dell’età moderna.
L’imperatore (Chow Yun Fatt) e l’imperatrice sua moglie (la splendida Gong Li) che ha sedotto il di lui figlio di primo letto, conducono l’un altro una guerra sotterranea, taciuta per ragion di Stato e per non turbare l’ordine sociale. Quando però l’imperatrice viene a sapere che il marito la sta avvelenando per punirla del suo tradimento, il conflitto è destinato a venire alla luce, ed essere giocato tramite i figli. Il secondogenito è nominato dal padre a capo della guardia imperiale e ammonito di non pretendere nulla che lui non gli conceda, ma viene invece attirato nell’orbita materna e si appresta a marciare contro l’ imperatore. Il primogenito, amante della matrigna, è lacerato dal conflitto interiore ed alla fine rivelerà al padre le trame che lei gli ha confidato. La storia va verso il suo epilogo cruento e spettacolare, ma c’è una frase chiave per la lettura del film, quando l’imperatrice, ormai avviata alla sconfitta, ammette davanti al marito di aver sempre “saputo” che suo figlio gli avrebbe parlato.
Dunque, non ci sarebbe stato alcun motivo razionale di confidarsi con lui, a meno che…….non desiderasse oscuramente proprio di essere sconfitta. Come se inconsciamente sapesse che dalla sua vittoria, fondata sull’alleanza edipica ed incestuosa madre/figli contro il padre, non sarebbe scaturito un ordine possibile ma solo il caos.
Ed è questo che infine risalta nel film insieme con la pietà paterna per il figlio sedotto, facendo passare in secondo piano il fatto che l’ascesa al trono avvenne con metodi dubbi , come dubbi sono quelli di cui si serve per mantenere ordine e potere. Il quale, sembra dirci il regista, se implica comunque la necessità di “sporcarsi le mani”, non ha sempre identico segno. C’è un potere teso ad assicurare una forma di giustizia possibile, ed uno caotico e regressivo. I temi dei miti greci, dalla sconfitta delle Erinni all’ascesa di Zeuss come principio paterno, affiorano evidenti, motivo di riflessione anche nei nostri tempi.

[08 giugno 2007]