Padri che salvano i figli dall'attacco mortale della Grande Madre: il mito

zeus e titano

Zeus e Titano

"Il mito non è storia remota; è realtà senza tempo che si ripete nella storia... L'elemento mitico non mancherà di farsi avanti, e già si sta avvicinando. In realtà esso è sempre presente, e al momento opportuno affiora alla superficie come i tesori".
(E. Jünger, dal Trattato del Ribelle)

 

La mitologia classica ci offre molteplici esempi di padri che insorgono per salvare il sacro dono della vita. In particolare, sono numerose le narrazioni che ritraggono Zeus, Dio della luce e supremo padre degli dei e degli uomini, impegnato a sottrarre alla morte i suoi figli, minacciati soprattutto dalle collere furiose di Era-Giunone, sua sposa. Se Zeus - come racconta Mircea Eliade - è l’archetipo del padre, del capo-famiglia, Era-Giunone, fra tutte le figure femminili della mitologia greca, è senz’altro la rappresentazione più evidente del volto sinistro della Grande Madre (cfr. C. Risé, Maschio amante felice. Ovvero della bellezza di essere uomini, Frassinelli). Ed è proprio questa forza nostra acerrima nemica, nel suo aspetto di potere, possesso e delirio di onnipotenza (sulla vita e sulla morte), a contrapporsi all’amore e al dono creativo. E’ la violentissima Era-Giunone che, per gelosia e per mantenere il controllo del potere, vuole sottrarre i figli al padre che li ha generati. Uccidendoli. Ma non (sempre) ci riesce, come raccontano i miti della nascita di Dioniso/Zagreo.

La folgore di Zeus colpisce i Titani di Era

zeus

 

Si narra che Zeus generò in segreto suo figlio Zagreo in Persefone, prima che essa fosse condotta nell'Oltretomba da suo zio Ade. Egli affidò ai Curati cretesi figli di Rea, o secondo altri ai Coribanti, il compito di custodire la culla di Zagreo nella grotta Idea e colà essi gli danzavano attorno, battendo le loro armi l'una contro l'altra, come già avevano fatto attorno alla culla di Zeus
sul Ditte. Ciò per salvarlo dalla moglie di Zeus, Era, la quale, gelosa, lo voleva morto. Ma i Titani, nemici di Zeus e istigati da Era, sbiancandosi il volto col gesso per rendersi irriconoscibili, attesero finché i Curati furono addormentati e a mezzanotte indussero Zagreo a seguirli, offrendogli dei giocattoli, un cono, un rombo, mele d'oro, uno specchio, un astragalo e un batuffolo di lana.
Zagreo diede prova di grande coraggio quando poi i Titani gli balzarono addosso minacciosi e si sottopose a varie metamorfosi per trarli in inganno: divenne successivamente Zeus avvolto in pelle di capra, Crono che fa cadere la pioggia, un leone, un cavallo, un serpente cornuto, una tigre e un toro.
A questo punto i Titani lo afferrarono saldamente per le corna, gli affondarono i denti nella carne e lo divorarono vivo. Atena interruppe l'orrendo banchetto poco prima della fine e, impadronitasi del cuore di Zagreo, lo rinchiuse in una figura di gesso, nella quale soffiò la vita; e
così Zagreo divenne immortale. Le sue ossa furono raccolte e sepolte a Delfi, e Zeus uccise i Titani colpendoli con la folgore.

Cfr. R. Graves, I miti greci, Longanesi)

 

La forza del padre contro gli inganni mortiferi della Grande Madre

Un altro mito si riferisce ad un secondo Dioniso, figlio di Semele, la “sotterranea”. Si racconta che Zeus, nella forma di un uomo mortale, avesse reso incinta Semele facendole bere una magica bevanda. Quando Era lo seppe, voleva impedire a tutti i costi il parto. Assunse la figura della nutrice di Semele ed instillò nella fanciulla, priva di sospetti, il desiderio che Zeus andasse da lei nella stessa forma in cui andava con Era, così che lei potesse conoscere l'aspetto reale del folgorante dio del cielo. Turbata dalla falsa nutrice, Semele fece promettere a Zeus che avrebbe compiuto un suo
desiderio. Zeus lo promise e quando la sua amata desiderò che egli apparisse tale e quale era con Era, egli venne a trovarla con il suo fulmine. Colpita dal fulmine, Semele finì negli Inferi. Ma Zeus riuscì a salvare dal suo corpo il frutto immaturo, e nascose il dio: il bambino Dioniso.

(Cfr. K. Kerényi, Gli dei della Grecia, EST)

L'Orestea di Eschilo. Ovvero dello scontro fra l'aspetto mostruoso del materno e le energie maschili

Nelle tragedie dell'Orestea, di Eschilo, é rappresentato il conflitto archetipico tra l'aspetto distruttivo del materno, e il principio solare, paterno. Sulla composizione di questo conflitto é fondata la nostra civiltà, europea. Il dio solare, maschile, Apollo, ordina ad Oreste di uccidere la madre, che ha ucciso per brama di potere il padre, Agamennone, con l'aiuto dell'amante. Apollo così dice: "Quella che tu chiami madre, non è la genitrice; è solo la nutrice di un germe, seminato di fresco. Il maschio fecondante semina, mentre ella,...preserva la pianticella". Le dee rappresentanti il mondo delle Madri, le Furie, vogliono la condanna a morte di Oreste, Apollo lo difende, e Pallade Atena, Presidente del Tribunale, assolve Oreste, ma costruisce un tempio alle Furie, che riconosce tra gli dei della città. Ciò trasforma le terribili Furie in Eumenidi, cioè dee buone, e fonda la Polis, Atene, la città dove nasce la nostra cultura.

(Per un'analisi più approfondita di questo conflitto cfr. Risé C., La guerra postmoderna, Ed. Tecnoscuola, tel/fax 0461 536915, Gorizia, 1996).

le furie

Apollo salva Oreste dalle terribili Furie e lo purifica, nel Tempio di Delfi