Padri e aborto: dall’America un Alito di speranza

Il N.Y. Times, uno di più importanti quotidiani americani, ha pubblicato il 1° dicembre un editoriale del sociologo Dalton Conley,

direttore del Center for Advanced Social Science Research della New York University, dal sigificativo titolo “A man’s right to chose”, il diritto di un uomo a scegliere (ripreso anche in un articolo di Giulio Meotti sul quotidiano “Il Foglio” del giorno successivo). Nell’editoriale, l’autore – partendo da una propria vicenda personale – pone la fatidica domanda:

“…when men and women engage in sexual relations both parties recognize the potential for creating life. If both parties willingly participate then shouldn't both have a say in whether to keep a baby that results?”

Che tradotto significa: dato che quando due persone adulte fanno sesso danno per implicito che da questo atto possa derivare la creazionedi una nuova vita, perché non dovrebbero avere entrambi voce in capitolo sul destino del bambino che ne può risultare?

Da questa domanda Conley reclama il diritto dei padri ad essere informati dell'intezione della madre di abortire, sostenendo, tra l’altro, che tale posizione è condivisa dalla maggioranza del popolo Americano, la quale pensa che il marito/padre “dovrebbe essere informato in merito alla decisione di abortire”.

Sembrerebbe normale che una persona adulta e consapevole venga coinvolta – almeno a livello di informazione – su una decisione in merito ad un qualsiasi fatto che essa ha con tribuito a determinare.
Per l’aborto non è così: la donna ha potere assoluto, non solo di decidere se tenere o meno il bambino, ma anche di tenere completamente all’oscuro il partner - si sta parlando di un partner liberamente scelto -sulla decisione di abortire.

La crisi del maschile di cui oggi tanto si parla, e che trova probabilmente il suo epifenomeno nella vicenda e nei drammi dei padri separati, ha la sua origine in questa espulsione totale del maschio dal processo riproduttivo.
Ed è dalla riappropriazione di questo ambito che è necessario ripartire se si vuol tornare a dare dignità alla figura maschile e paterna.

In America pare che la nuova Corte Suprema, integrata dal giudice Alito, che già nel 1985 aveva espresso la “forte convinzione” che la Costituzione non prevedesse la protezione di un diritto all’aborto, “interverrà sul concetto di salute, abbasserrà il limite temporale dell'aborto, introdurrà una ragione per abortire quando oggi è tutto libero, forse anche un periodo di attesa, poi l'obbligo d'informare il padre e una restrizione dei luoghi dove praticarlo”.

In Italia si continua a sostenere che l’atto che ha consentito, dal giorno della sua legalizzazione, la soppressione di circa 5 milioni di futuri progetti di vita sia un diritto inalienabile delle donne, ed ogni intervento pensato per consentire che il progetto possa manifestarsi, svilupparsi e dare il proprio contributo al destino dell’umanità è letto come un “ignobile attacco” alla legge 194, a questa brutta legge che da una lato lascia sole le madri e dall’altra espelle totalmente i padri..

E’ un diritto che davvero loro non invidiamo; così come la difesa dei soggetti più deboli, a partire dai nostri figli concepiti, è un dovere che torniamo oggi a riassumere.

Eugenio Pelizzari

[ 06 dicembre 2005]