14 giugno 2003. Hanno paura…

 pauraSabato è stata una giornata importante.

Abbiamo marciato sotto un caldo asfissiante e se non circondati quanto meno guardati a vista da un cordone continuo di agenti di P.S., vigili urbani, Carabinieri.
Ci hanno trattati quasi come dei Black Block: l'atmosfera era abbastanza tesa, e si vedeva che la tensione tra le FF.OO non era minima.
Mi è sembrato che avessero paura di qualche colpo del corteo: che potessimo dilagare per Piazza Venezia, o uscissimo dagli spazi concessici.
La PS e i Carabinieri avevano manganelli e giubbotti antiproiettile, e c'erano anche diversi agenti in borghese. Erano tutti guidati da un un commissario donna, apparentemente affabile e disponibile.
Dietro di loro un blindato (così mi è sembrato). Un gruppo di loro fissava  la testa del corteo, e solo quando arrivavamo a pochi metri da loro indietreggiavano.
Visibilmente la consegna era di farci capire che non erano amessi colpi di testa.
Mi è sembrato un segnale forte: hanno sentito la nostra rabbia e hanno reagito di conseguenza.
L'avevano sentita da prima, perchè è impensabile che un grassoccio medico con la pancia come sono io, un quasi vecchietto quale Ernesto Emanuele (Papà Separati di Milano,Famiglie Cristiane Separate), l'abbondante cardiochirurgo napoletano Alessandro Ciardiello con un po' di mamme, nonne e papà napoletani, e altri personaggi del genere - il neuropsichiatra Lombardozzi, il grafico Nestola, il funzionario Telecom Matricardi - tutti in là con gli anni, potessero sembrare forieri di devastanti disordini cittadini.
Hanno sentito la nostra rabbia, e noi abbiamo fatto di tutta perchè la sentissero bene.
Molti striscioni, moltissimi fischi, molte grida di "vergogna" rivolte a quanti stanno distruggendo la figura del padre.
C'è stato un momento in cui sembrava veramente di essere tornati al '68: forse è stata davvero la prima volta dopo decenni che un gruppo - oramai di attempati signori - evocasse un grido rivoluzionario per le strade di Roma.
E' stato qui che ho capito cosa accadeva.
Perchè è successo un fatto che mi ha dato la dimensione di cosa stava accadendo.
Io avevo mio figlio Luca Suhe sul collo. E ho deciso di portarmi in testa al corteo, prima del primo striscione.
L'ho bagnato bene per il caldo asfissiante, l'ho fatto bere sali e acqua, gli ho lavato la testa ancora, e sono andato in testa.
Eravamo i primi del corteo. Dietro di noi striscioni, bandiere, fischi e slogan. Io e lui da soli ad aprir la strada.
Un'immagine che sembrava fatta apposta per far capire che i padri e i figli avanzavano insieme e cominciava un nuovo momento.
Davanti a me il cordone di agenti e Carabinieri: dispiegati a impedirci di superare il limite impostoci.
Luca è un po' spaventato, e sembra sudato.
Gli agenti di PS e i CC indietreggiano - ancora non siamo arrivati al punto concessoci ma l'impressione mia è che sperassero in un nostro fermarci prima.
Continuo ad andare avanti con Luca Suhe sulle spalle, e mi sento davvero orgoglioso di essere un padre che porta suo figlio a dimostrare che i padri esistono ancora e - questa volta - non indietreggiano più.
Sono disposto a rompere il cordone degli agenti, se cercassero di fermarmi: sono solo con un bambino di due anni e mezzo sulle spalle. Voglio vedere che fanno.
Quando arrivo vicino a loro, indietreggiano ancora. Ma faccio appena in tempo a sentire il commento di un vicebrigadiere di PS, con gli occhiali scuri alla Vasco Rossi, bello abbondante anche lui, e l'accento romanesco: - Guardi questo dottore' - fa, rivolto alla commissaria - guardi come ha ridotto su' fijo... Io glielo porterebbi via...! -
Mi assale una rabbia feroce, e per poco non scatto davvero.
A me i figli li hanno tolti per davvero,e la sola idea che qualcuno pensi questo di Luca Suhe, e proprio perché manifesto per i miei diritti di padre, mi fa diventare cattivo.
Mi contengo, e un'ora dopo non solo esporrò l'episodio alla commissaria, che aveva sentito benissimo quel commento totalmente illegittimo, ma le ricorderò pure, ad abundantiam, che l'ultima strage compiuta da un padre è  stata compiuta da un padre agente di PS, impazzito dopo che non gli facevano vedere i figli. Le ricordo pure il CC suicida davanti alla sua autoradio, morto perchè non gli facevano vedere più sua figlia.
- Erano pazzi quando li avete arruolati? - le chiedo - O ce li hanno fatti diventare dopo? - . Mi dice che non vuole sentire queste "brutte storie".
Nemmeno noi, replico. Nemmeno noi le vogliamo sentire. Né tantomeno viverle.
Ovvio che non prenderà alcun provvedimento contro il suo vicebrigadiere, ma nel frattempo mi regala un'idea.
Credo di capire perchè avevano paura.
Perchè tutti - dalla stampa che ci ha ignorato, ai politici che sono scomparsi, alle FFOO presenti in forze - hanno avuto e hanno paura del "Padre" che ritorna, e muove cortei in tutto il mondo.
Il Padre è rivoluzione.
La mamma è omologazione e globalizzazione delle coscienze.
Il Padre no: il Padre detta le regole per una autonomia del singolo nel suo contesto.
Il Padre, interiorizzata come figura di riferimento personale - endopsichica per così dire - è eversione e rivoluzione rispetto alla stereotipia del pensiero collettivo: perchè dà forza, regole, dirittura, al singolo, e gli permette di affermarsi come tale.
In un mondo di pensieri omogeneizzati e omologati, nel quale tutti i figli di mamma sono uguali per la mamma (per cui non contano nemmeno se sono di destra o di sinistra, perchè tanto sempre afferenti ad un Sistema sono), il Padre porta la Rivoluzione perchè crea l'individuo come capacità di autonomia e forza.
Sabato 14 giugno hanno avuto paura davvero, e avevano ragione ad aver paura.
Non perchè portavamo una possibilità teppistica, ma perchè segnavamo un  profondo punto di non ritorno nelle coscienze di tutti.
Il Padre, integrato nelle coscienze, porta forza all'autonomia e alla coscienza di sè come unicità nel mondo, e qesto fa paura a tutti i Sistemi di pensiero, che si nutrono e si accrescono appunto della propria unicità materna che crea omologazione e non individuazione.
"Se fossi io glielo toglierebbi", aveva detto il brigadiere vedendo me che, in testa al corteo, portavo sulle spalle Luca Suhe (Dio del Sole, per gli indios della regione di sua madre). E forse la sera l'ha raccontato alla mamma o alla fidanzata, di quel bambino tutto bagnato portato sulle spalle da suo padre.
Il brigadiere avrebbe fatto meglio a non dirla, quella frase, perchè mi ha aperto uno squarcio di forza e comprensione in più.

Gaetano Giordano