Dall'intervista a Claudio Risé di Riccardo Paradisi su Letteratura e tradizione, trimestrale letterario, N.8

D. Colpisce l'insistenza, e i toni partecipati coi quali lei ha affronatato e proposto il tema della "Questione maschile". Perché questa battaglia?

R. Nel mio lavoro di psicanalista ho visto quali danni ha provocato la scomunica dei valori della maschilità e della paternità. La società della tarda modernità occidentale ha connotati evidentemente ginecocratici (dominati dal principio del potere del femminile ), incentrata com'é sul principio materno della soddisfazione del bisogno, funzionale al consumismo. Invece l¹archetipo maschile é creatore di forme e iniziatore di azioni, ha in sé un principio di cambiamento, rivoluzionario se si vuole, che non deve essere inibito o castrato, pena conseguenze gravissime di ordine non solo psicologico, ma anche storico - sociale, e naturalmente spirituale. Nella società dei consumi l'iniziatore di forme diventa uno scocciatore, un impertinente che va a rompere equilibri consolidati, perché con il suo comportamento innovativo rischia di scatenare l'altra faccia della realtà che non é la conservazione dell¹esistente (materno), ma la creazione di nuove forme (maschile). Lei capisce allora perché oggi si tenta di bandire l'archetipo del maschio: alla società dei consumi non interessa il cambiamento, essa si batte per la propria conservazione.

D. Quali sono le conseguenze di questa situazione per il maschio occidentale?

R. Sono tragiche. Questo orientamento ha creato una situazione inedita, in cui il maschio, per la prima volta, non viene più iniziato alla vita sociale dal padre o da una serie di figure maschili vicarianti il padre, ma dalla madre, o da figure femminili. A questo nuovo maschio matrizzato, ormai da più di tre generazioni, non viene più trasmesso l'istinto maschile, e quindi facilmente crolla sotto i primi colpiche la vita riserva. Oppure diventa quell'"uomo sfuggente, insofferente di ogni disciplina, incapace di ogni serio impegno, di produrre dando il meglio di sé... Maschio che non ricorda, non ha memoria, mente, "di cui parla Julius Evola nella Metafisica del sesso. E che da allora é diventato l'"uomo immagine", l'"uomo soft", tutta la miserabile tipologia rotocalchesca maschile cheha infaustamente affollato questo scorcio di secolo.

D. Eppure non pare che la donna viva in maniera così felice la sua condizione "emancipata".

R. Infatti chi ha vinto non é la donna, ma la madre, cioè la dimensione di potere e conservatrice del femminile. E' stata invece fortemente penalizzata la forza psicologica, e spirituale, corrispondente all'Archetipo della Vergine, che con la sua energia incorrotta aiuta il maschile nella rigenerazione del mondo. Ed ugualmente negata quella, assai vicina alla Vergine, della Prostituta Sacra, Pizia-Profetessa, tutti aspetti del femminile più ricco di energia spirituale, e naturalmente erotica. Alla donna insomma é stato dato il potere in cambio del suo corpo, e del suo spirito. E le é stato sottratto il compagno, l'uomo, quale solo una formazione maschile sotto la direzione del padre può generare. Un'operazione diabolica, di cui le donne soffrono quanto gli uomini.

D. Un'ultima domanda. Quei maschi che lei descrive nei suoi libri hanno una nostalgia struggente per quello che hanno perduto e che nel loro inconscio sicuramente c¹é ancora. Millenni di migrazioni, di lotte, di esperienze che la nostra storia ha conosciuto e che il suo sangue conosce ancora. A questi giovani uomini, che si stanno affacciando alla vita, che non sono più dei ragazzi, ma non sono ancora degli adulti completi, che non hanno più padri, né dei, né idee, ma che vorrebbero qualcosa di diverso dall¹esistente, ebbene lei che cosa si sentirebbe di dire?

R. La disperazione va certamente attraversata, non negata. Anche perché un aspetto centraledella sfida che si pone ad ognuno di noi, é proprio ritrovare la dimensione della Tragedia, dove parlano gli Dei, e quindila trasformazione é possibile, ed uscire dalla commedia borghese, in cui l'happy end garantisce la conservazione della vita, al prezzo della perdita del suo significato trasformativo. Tuttavia, inoltrandoci nel buio della Selva, del Wald, di cui ci ha parlato così accuratamente Ernst Jünger (ne: Il trattato del ribelle), che infatti sapeva dove tuttistavamo andando, dobbiamo ricordare fiduciosamente che al centro del Bosco c'é il nostro Sé, personale e collettivo. Dove tutto é contenuto, dove é percepibile il senso. Il perché ci troviamo ad affrontare questa oscurità. Il perché ci siamo smarriti. Il come ci ritroveremo.