I Maschi selvatici e l'aborto

Un dibattito (per ora) epistolare 

Salve, maschi! Ho "sfogliato" con interesse le pagine del vostro neonato sito, cosi' come avevo letto con interesse il libro omonimo di Rise'. Sui testi raccolti nella pagina I pensieri degli uomini, a firma Cesare (Brescia): si/ci chiede come noi maschi abbiamo potuto permettere che una legge dello Stato abbia sancito per le donne "il diritto di uccidere i nostri figli" (!). 
Trovo rozzo giudicare una legge senza tenere conto come quando e perche' e' stata scritta. 
L'aborto prima della legge era diffuso (molto piu' di oggi) e non mi pare che i maschi ne fossero particolarmente scandalizzati; molte donne morivano rivolgendosi per abortire a praticoni d'ogni sorta. Storicamente i maschi hanno fecondato femmine in modo occasionale lasciandole poi al loro destino. La legge cerca, in modo umano, di governare questo fenomeno (come le leggi di uno Stato laico devono fare, o dovrebbero), dando un supporto alle donne (sono loro che portano in grembo il feto, no?) che, per motivi diversi, giungono alla tragica (anche per loro!) decisione. 
Se davvero volete porre la questione dei diritti paterni sul nascituro, questione seria e fondata, per favore fatelo con analisi e argomenti serie e fondate, e non con lanci di anatemi. 

Marco. 

Caro amico, benvenuta la tua critica di "rozzezza" e "bassezza". Non perche` queste siano virtù, anzi, ma perché lo considero il segno di un tuo vivo interesse e te ne sono grato.
Tuttavia c'è una critica di questo genere, (e penso sia questo il caso),che non fa riferimento alla vera "bassezza" e "rozzezza", (nelle argomentazioni dei testi citati saresti il primo tu a trovarle), ma viene riferita spesso, erroneamente, ad una dimensione interiore che ha la caratteristica di essere radicalmente altra dalle proprie convinzioni razionali. 
Sono le ragioni del cuore, in senso biblico, e si trovano ad un livello profondo, originario, primitivo del
proprio sentire e suscitano scandalo perché, nonostante tutti gli sforzi, da sempre si  rifiutano di farsi "civilizzare" e con un'evidenza insuperabile, sovvertono tutte le "buone ragioni", persino quelle avallate dallo Stato. 
Quando si incontrano, credimi,è davvero un buon segno: vuol dire che si è ancora vivi. 
Il nostro secolo ha visto succedersi sfolgoranti ragioni razionali e scientifiche: i loro seguaci si sono perduti a decine di milioni. I pochi che sono rimasti fedeli al proprio sentire profondo si sono salvati: non hanno ucciso, non hanno torturato, non hanno tradito, nemmeno per il bene supremo dell'Umanità, nemmeno per il proprio. 
Lasciami ricordare le donne che hanno dato eroica testimonianza del carattere sacro della vita della persona che avevano in grembo, rinunciando alla propria. 
Le mie argomentazioni sull'aborto sono le ragioni del mio cuore ed ho l'evidenza che sono le ragioni del cuore: la vita dirà in merito l'ultima parola. Pertanto prima di rifiutarle, fuggendo da soli e magari e giustamente, avvertendo gli altri del pericolo, (la tua intenzione di censurare il sito ai tuoi conoscenti), prima di condannarle con sdegno, (sono rozze e basse) prima di rimuoverle, forse vale la pena di riascoltarle magari con un po' più di attenzione e rispetto. 
A mio modesto parere vale la pena di rifare tutti i conti con esse fino a trovare davvero delle buone argomentazioni, che aspetto da te con interesse; poi si può provare di nuovo a liquidarle o magari ad accoglierle. 

Cesare 

Sono completamente d'accordo con la lettera di Marco. 

Guido. 

Mi pare che Cesare non ponesse il problema in relazione alla scelta della donna, ma al comportamento maschile rispetto a questo. E mi pare che nessuno abbia finora risposto chiaramente ai "perché" che Cesare poneva. 

Ma soprattutto quando lo stato e la legge entrano in questi territori qualcosa di molto profondo accade... Quando si fa diventare la tragedia un diritto, quando l'elemento centrale diventa il fatto biologico di chi porta in grembo il feto, si aprono strade che non si sa più bene dove porteranno. Simone Weil diceva (semplifico) che un essere umano non ha alcun diritto. Ha solo doveri, verso sé e verso gli altri... Forse dovremmo rifletterci. 

Vi riporto in breve una notizia recente che molto mi ha fatto pensare: "Uccise la figlia molto malata. Francia turbata". Bresciaoggi, 17/12/99. Pag. 5. Sopra il titolo: Madre alla sbarra. 

Sentite come inizia l'articolo: "Parigi. Una madre che dà la vita a un figlio, ha il diritto di riprendersela, se il bambino è gravemente malatoe destinato a peggiorare progressivamente? Il dibattito è acceso in Francia...". 

E se la risposta sarà "Sì, ne ha il diritto...", noi padri, che concepimmo un figlio, come presuppongono sia Marco sia Cesare, con amore e passione e saremmo magari disposti a tenercelo anche malato, anche condannato, che faremo? Taceremo L'intervista del mesevolta? 

Eugenio 

Silenziosi, umani concepimenti 
Quanto al grembo che porta il figlio e al dolore che questo può comportare, come situazione che giustifica il diritto di vita o di morte su di esso, penso sia più preciso e serio e doveroso parlare di una coscienza, un'anima, un cuore che porta un figlio. 
Allo stesso identico modo un cuore maschile o femminile talvolta deve accogliere doverosamente e quindi obbligatoriamente, ed eroicamente, e per tutta la vita, e senza speranza, una persona la cui fragilità e il cui dolore hanno come prezzo una sofferenza insopportabile al punto da spingere a sentirsi tragicamente legittimati nel desiderarne la morte. 
E tuttavia questo delitto "giustificabile" non viene commesso. Si tratta di veri e propri silenziosi concepimenti umani ed eroici da parte dei tanti che danno la vita, al prezzo della vita, accogliendo nel proprio cuore e nella propria carne e nella propria psiche e nella propria mente, chi altrimenti l'avrebbe già persa per il suo handicap o la sua malattia. 
Questo considero umano, degno dell'uomo. Credo che nessuna maggioranza democratica se la senta ancora di argomentarne il diritto all'eliminazione, anche se le morti "bianche"di queste persone, cioè per estenuazione o malattia, sono davvero tante anche se passano sotto silenzio. 

Cesare 

Sono contento che sul sito Maschi selvatici parta un dibattito sull'aborto, grande "rimosso" dalla coscienza maschile. Presente però nell'inconscio degli uomini: i figli "persi", o non voluti, compaiono poi come fantasmi insanguinati nei loro sogni, a volte per tutta la vita. 
Dunque il primo punto è: "la coscienza maschile spesso rimuove l'aborto come una cosa delle donne, ma la loro psiche lo sente come tragedia personale". Questo lo vedo nel mio lavoro. 

Il secondo punto è: la legge non c'entra. La legge è (secondo me), pessima, cinica, una delle peggiori del mondo, esclude completamente i padri, ma lascia sole anche le donne non fornendo loro, in realtà, nessun sostegno o preparazione psicologica.
Una tipica legge italiana, fatta badando ai voti che portano denari ai legislatori, e non al cuore, di nessuno. 
E' una legge, emanata dallo Stato, nell'interesse delle sue padrone, le Grandi Madri aziende che in una fase di espansione economica non volevano pagare dipendenti femmine in maternità, perché non lavorano, e per giunta costano. Dunque: Viva l'aborto, battaglia di civiltà e, soprattutto, di utili e di fatturato (che per questa gente, del resto, è la stessa cosa).

Il centro del problema, però, siamo noi. La nostra incoscienza di maschi dinanzi alla nostra funzione di creatori di vita. La nostra distanza dal carattere sacro di quest'evento (sacro anche se lo Stato è "laico" come ricorda Marco). 
Prima di discutere della legge dobbiamo chiederci, ognuno di noi, come ritrovare un legame psichico, spirituale, simbolico, con quei bambini che abbiamo lasciato uccidere, o a volte abbiamo noi fatto uccidere dalle nostre compagne. 
Dobbiamo trovare dei riti di pacificazione con la nostra progenie gettata via.
Solo dopo, molto dopo, potremo parlare di leggi, e, se proprio vogliamo, di diritti. Per ora parliamo di doveri. E' il nostro programma, che abbiamo concluso, nel nostro primo Convegno due anni fa, col verso di Ezra Pound (Canto 106/755): "Che il cuore sia retto, e il Fallo percepisca il suo scopo". 

Claudio 

Fratelli maschi che parlano di aborto e finalmente prendono coscienza che dall'eiaculazione anche occasionale, minima o distratta di un pò di seme può venir fuori la paternità di un
essere vivente! 
Questo non può che renderci tutti più orgogliosi: finalmente prendiamo coscienza non solo della sacralità della vita (vd. Cesare), ma anche della sacralità dell'amore fisico - cosa che sembra quasi ridondante specificare - e della pregnanza di un congiungimento carnale! Forse si avvicina il giorno in cui anche noi maschi recupereremo il rispetto per i nostri corpi, i nostri cuori e quanto di più sacro e atavico conserviamo negli istinti. 
Allora cominceremo a rispettare anche le donne per quello che sono e cioè esseri umani complessi, capaci di farsi ricettacolo, alveo di incubazione della vita, se amate in quanto tali! Allora, forse, discutere su diritti e responsabilità, sacralità ed empietà circa  'aborto avrà un senso profondo; quello di una situazione estrema, da trincea e figlia di violenze di ogni tipo. 

Mario