Quello che gli uomini non dicono

Roberto Marchesini
QUELLO CHE GLI UOMINI NON DICONO
La crisi della virilità
Prefazione di Claudio Risè
Sugarco Edizioni 2011

Recensione a cura di Armando Ermini

Ha molti pregi questo libro agile ma non superficiale che, partendo dal dato di fatto che il maschio è attraversato da una forte crisi d’identità, cerca di ripercorrere il tragitto che lo ha portato al punto forse più basso della sua storia millenaria, e soprattutto vuole offrire agli uomini alcuni consigli o punti d’appoggio su cui far leva per risorgere. E non ci sono dubbi che i punti d’appoggio esistano, e molto numerosi. La crisi maschile non si configura infatti in senso oggettivo come venir meno della necessità sociale, familiare e individuale della virilità. Al contrario, di una sana ed alta virilità c’è più bisogno oggi di ieri, visto che delle antiche virtù maschili si fa ancora ampio seppur rigorosamente taciuto uso ogni volta che ci si trovi di fronte a gravi sciagure, come dimostrano le cronache, e visto anche che in crisi sono tutti i rapporti interpersonali, fra genitori e figli e fra uomini e donne. Crisi di rapporti o di relazioni a cui non è affatto estranea la perdità progressiva d’identità virile, che quindi si configura piuttosto in senso soggettivo, come percezione di sé degli uomini e come percezione sociale della virilità, considerata alla stregua di un virus da debellare. Rovesciando il rapporto di causa/effetto (e il senso logico), più appare grave la crisi sociale indotta dal venir meno della virilità e della paternità che ne è parte integrante, maggiori diventano gli attacchi contro di esse, come se fossero la causa dei problemi odierni e non la soluzione. Il libro, che attinge largamente alle esperienze e alle discussioni nel seno dei movimenti maschili fino a mutuarne certi termini caratteristici (uomini pentiti, zerbini, etc.), mette inizialmente a fuoco un punto fondamentale: la crisi soggettiva della virilità, ancorchè da lungo tempo in incubazione causa l’affermarsi di concezioni filosofiche che scambiano uguaglianza fra i sessi con omologazione, pari dignità con intercambiabilità, esplode tuttavia in modo virulento dopo il ’68, allorchè il femminismo radicale impone la sua “agenda” e, utilizzando in senso rovesciato lo schema marxista della lotta fra classi oppresse e sfruttatrici, individua nella così detta cultura patriarcale e maschilista il motore e la genesi di ogni disuguaglianza e oppressione. Non più, dunque, la differenza fra i corpi che implica anche quella psichica fra uomini e donne e quindi la loro differenza/complementarietà in termini di inclinazioni e funzioni familiari e sociali, ma solo differenze artificiali frutto di costrutti culturali da eliminare con qualsiasi metodo si ritenga utile. E’ a questo punto, assumendo come vere quelle concezioni, che il maschio entra “ufficialmente” in crisi. Inchiodato dall’accusa di essere un individuo spregevole, violento ed oppressore, non solo non osa più esercitare la facoltà razionale della critica che gli concederebbe amplissimi margini di difesa e contrattacco, ma finisce per rinnegare se stesso e la sua identità virile assumendo quelle del metrosexual o dell’ ubersexual, in ogni caso femminile dal punto di vista psicologico e sempre più anche fisico. Senza peraltro riuscire nell’impresa impossibile della trasfigurazione completa, e soprattutto senza riuscire a placare le accusatrici, che anzi in tale atteggiamento individuano una prova delle loro ragioni e nell’autodevirilizzazione maschile un motivo in più di disprezzo.
Alla crisi del maschio, ai cui tratti caratteristici Marchesini dedica un intero capitolo, ha contribuito pesantemente anche una certa concezione del cattolicesimo che si è andata affermando negli stessi anni. Ma, ci dice l’autore, l’immagine buonista di Gesù non corrisponde affatto alla verità perché la bontà non coincide col buonismo, la non violenza non è la stessa cosa della pusillanimità e dialogare non significa rinunciare ad affermare con vigore virile le proprie idee. La religione è “roba per uomini veri”, il cattolicesimo è intriso di eroismo e Gesù “era un uomo vero, ma anche un vero uomo. Maschio virile”. Nulla a che fare col Cristo politicamente corretto e asessuato tanto di moda anche in ambienti ecclesiastici.

Se questo è lo stato dell’arte, come uscirne, si chiede Marchesini? Facendo innanzi tutto leva su un fatto innegabile. Il maschio vive un disagio profondo frutto della contraddizione fra ciò che culturalmente è indotto a rinnegare (la virilità), e i suoi istinti fondamentali. Fra ciò che, usando il linguaggio aristotelico/tomista, è “in potenza” e ciò che di tale potenzialità riesce a realizzare, ossia a tradurre “in atto”. “L’ambiente” in cui oggi vivono gli uomini ostacola lo “sviluppo naturale” della virilità e produce nel maschio un atteggiamento analogo a quello raccontato da Esopo nella celebre favola “La volpe e l’uva”. Non riuscendo a realizzare ciò verso cui il suo programma genetico lo indirizzerebbe, l’uomo finge di disprezzarlo e lo rinnega. Ma così facendo acuisce ancora di più il suo disagio. Si tratta quindi, prima di tutto, di confessarlo quel disagio, a se stesso e ad altri uomini con cui instaurare un autentico e profondo rapporto di amicizia fra pari. Partendo da questa esperienza di condivisione, e con la necessaria gradualità, riscoprire la bellezza di sentirsi autenticamente maschi, nello sport, nella natura, con le donne, smettendo di autocommiserarsi e di vergognarsi dei propri desideri, non rinunciando mai ad esprimere le proprie idee e i propri sentimenti per quanto “scorretti” possano sembrare secondo i canoni culturali dominanti. Niente giutificazioni, quindi, e niente richieste di conferma agli altri.
A questo punto Marchesini conclude il suo lavoro con la descrizione, mutuata dallo psicologo Albert Ellis, di “dodici idee irrazionali” delle quali si nutre spesso l’uomo in crisi e di cui sbarazzarsi, e con l’elencazione, utilissima, di dieci diritti e dieci doveri maschili “affermativi”, che lascio scoprire al lettore.

Nota. Roberto Marchesini è psicologo e psicoterapeuta. Autore di testi quali “Come scegliere il proprio orientamento sessuale”, “L’identità di genere” e “Psicologia e cattolicesimo”, collabora con “Il timone” mentre suoi articoli sono apparsi su diversi periodici di area cattolica (Cristianità, Il settimanale di Padre Pio, Studi cattolici, Famiglia oggi e Il Domenicale).