Mongol

Un film di Sergej Bodrov.
Con Tadanobu Asano, Honglei Sun, Khulan Chuluun, Odnyam Odsuren, Aliya, Ba Sen. Genere Storico, colore 120 minuti.
Produzione Kazakhistan,

Russia, Germania 2007 

1) Non uccidere donne e bambini.
2) Onorare i debiti.
3) Combattere il nemico fino alla morte.
4) Non tradire mai il proprio Khan.

Sono i principi, semplici e facilmente comprensibili, che il giovane Temugin, il futuro Gengis Khan (1167/1227), pone alle fondamenta del costituendo impero, uno dei più estesi di sempre, quando acquista consapevolezza del ruolo a cui è destinato nella storia del proprio popolo. Un Gengis Khan molto diverso dalla figura sanguinaria descritta nei nostri libri di storia . Il film ne racconta l’infanzia e la giovinezza, fino al momento della sua consacrazione a capo di tutti i Mongoli. Temugin, ancora bambino, dimostra di aver appreso dal padre il gusto per la libertà e l’indipendenza quando, scegliendo la futura moglie com’era uso in quel popolo, segue il suo istinto in contrasto con le aspettative “diplomatiche” del padre che aveva pensato ad una ragazza di un’altra tribù, ma che alla fine elogia il figlio pur sapendo bene che il suo “sgarro” gli sarebbe costato inimicizia e guerra. E quando necessita di ispirazione per le decisioni importanti si rivolge allo spirito della montagna, un grande lupo bianco, animale selvatico e in contatto intimo con la natura. Come per Il Gladiatore, con cui ha diverse somiglianze, non è tanto importante l’esattezza della ricostruzione storica, ma il richiamo a valori sempre in pericolo di essere accantonati, o peggio ancora traditi, nella vita dei singoli e dei popoli, ieri come a maggior ragione oggi. Insieme e accanto al racconto guerresco, epico ed eroico, c’è una trama di sentimenti forti nel film di Bodrov. L’amore di Temugin per la moglie che si era scelta ancora piccolo, e in nome del quale non esita a riconoscere come propri i figli che lei era stata costretta a concepire in prigionia, e la bellissima figura di lei, graziosa e fiera, forte, appassionata e coraggiosa.

La guerra e l’amore, Marte e Venere, indissolubilmente legati come nei nostri miti occidentali a significare l’universalità degli archetipi. Anche in Mongolia, come a Troia, si muove guerra per amore di una donna, si sparge sangue e si sparge sperma. La vita vera, ci dice Bodrov, non è né calcolo né rappresentazione buonista purgata del suo lato tragico, come vorrebbe il politcally correct alla moda. Al contrario, la vera passione d’amore vive insieme al furore bellico, e l’amore vive insieme alla morte, ci ricorda James Hillman in “Un terribile amore per la guerra”. Se a tutto ciò aggiungiamo la bellezza degli spazi immensi, dei favolosi paesaggi delle steppe sterminate e delle montagne disabitate dell’Asia centrale che lasciano lo spettatore stupefatto e incantato, ecco che ne esce un film eccellente.

[12 giugno 2008]