Un messaggio sul valore e l'importanza del padre

Un messaggio sul valore e l'importanza del padre e della sua capacità di illuminare il percorso della vita
di Marilia Zappalà

http://www.mariliazappala.it/incontri/claudio_rise.html

Da "Donna & donna. Il giornale delle ostetriche", anno V, n.19, dicembre 1997

Claudio Risé è professore di Polemologia (psicologia della guerra) all’Università di Trieste, ha due figli, uno di venticinque anni e uno di cinque, e si occupa di psicologia analitica.
Ultimamente ha lanciato ai maschi un messaggio di spontaneità e di riscoperta del proprio istinto come sede della vera forza e del vero sentimento maschile. Un messaggio accattivante e importante anche per le donne che, in corsa con i lupi, spesso si distanziano dai compagni, non sapendo più cosa chiedere e cosa offrire loro.
Lo ha fatto con il libro Il maschio selvatico (red edizioni ‘93-‘98) nel quale traccia, analizzando leggende, miti e sogni, il percorso che l’uomo di oggi dovrebbe seguire per ritrovare la spontaneità perduta, soffocata dalle "buone maniere" imposte dal lavoro, dal mercato e dalle regole sociali. Percorso che si può sintetizzare splendidamente con i versi di Ezra Pound citati da Risé nel libro: “La formica è un centauro nel suo mondo di draghi. Strappa da te la vanità, non fu l’uomo a creare il coraggio, o l’ordine, o la grazia. Strappa da te la vanità, ti dico strappala! Impara dal verde mondo quale possa essere il tuo posto".  Percorso che si snoda quindi attraverso la ripresa dei rapporti con il mondo selvatico e i suoi abitanti, attraverso la riscoperta dei sensi come strumento di conoscenza e di azione, permettendosi finalmente di amare e di proteggere le proprie origini naturali, elementari. “Dietro la scorza della sudditanza alla società organizzata (per lo più dai maschi stessi), c’è un selvatico nel cuore dell’uomo, forte e amoroso", dice Risé.
Una boccata d’ossigeno anche per noi donne, che abbiamo passato gli ultimi trent’anni a combattere il potere maschile, sentendoci sole, e forse non rendendoci conto che, in fondo, anche gli uomini erano schiavi di quello stesso potere, e da tanto tempo, se pensiamo che già nel 1755, Voltaire scriveva a Rousseau: “Ho ricevuto signore, il vostro nuovo libro contro il genere umano...Nessuno ha mai impiegato più spirito nel tentativo di farci diventare bestie; a leggere il vostro libro viene voglia di camminare a quattro zampe". E magari lo avesse fatto, anziché arrabbiarsi con Rousseau che aveva avuto il coraggio di includere, nel suo Discorso sull’origine e fondamento dell’ineguaglianza fra gli uomini, l’essere umano nel regno animale.
Un aspetto della teoria di Risé, particolarmente interessante per noi che  ci occupiamo di maternità e paternità, è quello che riguarda "il figlio senza padre".
Di lui Risé sostiene che molto più difficilmente gli sarà possibile accedere al recupero della sua “wilderness”, senza che un altro maschio abbia potuto trasmettergli il sapere, l’istinto, il sentimento proprio del genere maschile, se è stato privato della figura "che silenziosamente, senza parole, con la sola vicinanza fisica, portando il figlio nei suoi luoghi amati, gli trasmetta personalmente le immagini indispensabili affinché la sua vita possa continuare nella gioia: il guerriero, il cacciatore, il viaggiatore in terre sconosciute, l’eremita, l’amante". Ci sono donne -continua- che hanno insegnato a uomini bambini a essere coraggiosi, avventurosi nella natura, a girare il mondo, a rischiare per le proprie idee. Che hanno cercato di trasmettere loro le figure interiori del guerriero (che difende, a rischio della vita, i confini del suo territorio, anche psicologico), del cacciatore (che ama l’animale, l’istinto, lo cattura, lo mangia, lo introietta), dell’ amante (che ama il femminile nella sua bellezza e diversità e lo onora).
Ci sono anche uomini-figli che hanno imparato tutto questo..." . Ma Risé a questo punto racconta il sogno di un giovane cresciuto in un ambiente dominato da figure femminili: "Il giovane sogna di correre in un branco di lupe. Il branco arriva al fiume. Le lupe si sporgono sull’acqua che riflette la loro immagine. Anche il giovane guarda, ma non vede nulla. La sua identità maschile, nel viaggio con queste donne, forti e coraggiose, non ha potuto formarsi: lo specchio della natura non la riflette". Vediamo allora, con Risé, quali sono gli elementi dell’identità maschile ai quali la figura paterna contribuisce in modo così fondamentale.
L’assenza del padre provoca una situazione innaturale, "gravemente malata, tanto da provocare il deperimento di tutta la Terra (la realtà visibile) che dovrà essere rigenerata, redenta", come nel mito di Parsifal. E quando l’eroe si muove in un contesto di sterilità, anche la sua potenza procreatrice è indebolita, "questo vissuto è talmente profondo -sostiene ancora Risé- da provocare nell’uomo non solo la riluttanza a procreare, ma anche, a livello psicosomatico, la debole vitalità e velocità dei suoi spermatozoi".
Se l’istinto a procreare è debole, anche la relazione con la donna sarà governata dall’insicurezza e questa darà origine alla gelosia, gelosia che si estende anche al figlio inducendo l’uomo ad abbandonarlo: "dalla cronaca della vita quotidiana appare oggi evidente come l’uomo regge a fatica la presenza dei figli, in concorrenza con lui per l’affetto della donna-madre.
Così finisce col comportarsi con loro come verso ingombranti fratelli, o comunque rivali".
La figura paterna è quindi costitutiva, per il maschio, della sua capacità di procreare e di proteggere e allevare i cuccioli per la prosecuzione della specie. L’uomo che ha avuto un padre sa quindi guardare al futuro, mantiene intatto il senso del tempo e della storia, mentre il maschio col padre assente tende a essere un eterno fanciullo che ha difficoltà a confrontarsi con il tempo e quindi con il mondo, con la realtà dei conti da pagare, dei bambini che crescono, con il collettivo prepotente e violento che rappresenta la parte Ombra del maschile.
Il padre, quando c’è, è in grado di educare il figlio a confrontarsi con questo lato oscuro, trasmette "il sapere arcaico della selva" -è ancora Risé- "il senso di orientamento verso la sopravvivenza, l’istinto. Trasmette la prontezza del sentire quando è in arrivo l’uragano, il mutamento".
Tradotto in termini "domestici", cioè riportato al nostro modo di vivere "ipergarantito", trasmette la capacità di adattamento. Dote quanto mai preziosa per l’uomo che impara a fare il padre, sia rispetto al bambino, con cui dovrà condividere i propri spazi, sia rispetto alla compagna con cui instaurerà una nuova relazione.
Anche qui vediamo, seguendo il percorso tracciato da Risé, che spesso il figlio del padre assente cerca di negare l’Ombra del reale (così come la parte Ombra dentro di sé) accecandosi con la luminosità e la potenza di donne con un forte ideale o con una forte spiritualità. Rischiando poi di entrare in competizione con la compagna per una sorta di orgoglio maschile ferito, e di privarla della "terra", della possibilità di rapporto con la dimensione della materia, e della maternità.
Ma "quella solarità, quella capacità di illuminare il percorso della vita e di chiarirne gli aspetti di cui il padre dovrebbe essere portatore, se il maschio l’ha vissuta nella relazione col genitore, la porta dentro di sé".
Una possibilità di crescita, di completamento della propria identità, al figlio senza padre viene però data da "una profonda immersione nella natura selvaggia, che istruisca e dia forza a quello che altrimenti sarebbe solo un trovatello un po’ presuntuoso. Una più profonda conoscenza della natura, della sua forza e durezza, lo aiuta a diventare padre, da orfano che era. La condizione selvatica è indispensabile per compensare con la sua forza, con la sua esperienza di oscurità ricca d’istinto, il  vuoto del padre assente".
Vediamo così, per concludere questo affascinante escursus nel pensiero di Claudio Risé, che dal ritratto del "maschio selvatico" capace di confrontarsi con l’Ombra, quindi più forte e più responsabile e portatore di una nuova morale e di una nuova tolleranza, emerge il ritratto del "padre selvatico", di colui che trasmette la cultura materiale e istintuale, l’antica capacità maschile di trasformare la materia. Colui che sa riconoscere (con Russeau) l’uguale valore di ogni essere vivente.

Claudio Risé insegna Psicologia della Guerra all’Università di Trieste, ha due figli, uno di venticinque anni e uno di cinque, e si occupa di psicologia analitica. Ha lanciato ai maschi un messaggio di spontaneità e di riscoperta del proprio istinto e dei "misteri maschili" sia con il libro Il maschio selvatico, sia attraverso una serie di seminari e giornate esperienziali nella natura che ha promosso recentemente a Milano e in luoghi selvatici, dando inizio a un vero movimento (vedi il sito www.maschiselvatici.it).
Vive e lavora fra Milano, Bolzano e Gorizia. E’ autore di numerosi libri. Per un approfondimento delle sue tematiche: sul mito di Parsifal: Parsifal: l’iniziazione dell’uomo all’amore, red edizioni; per il tema del rapporto di coppia: Maschio amante felice, Ed. Frassinelli; infine Psicologia della guerra e il già citato Il maschio selvatico, red edizioni.