Fatherless: i figli senza padre

E' ormai evidente, e quindi opportuno portare alla riflessione consapevole, l'affermarsi anche in Italia di un grave problema, che riguarda direttamente noi come padri ma, più in generale, la società moderna ed i nostri figli - non solo, ma specialmente quelli maschi - che in essa crescono. 

Siamo di fronte ai primi - ma consistenti - segni dell'affermarsi anche da noi di una società senza padre. Non è necessario svolgere grandi disquisizioni teoriche; sono i dati a parlare chiaro. Nella società occidentale contemporanea la famiglia tradizionalmente intesa è in crisi. 
Aumentano le separazioni ed aumentano i divorzi. Nella stragrande maggioranza dei casi i figli vengono affidati alle madri. I dati dunque. 

Secondo l'ISTAT, in Italia, dove comunque ci si sposa sempre di meno e sempre più con rito civile, nel 1997 le separazioni sono aumentate del 4,8% e i divorzi dell'1,9% rispetto all'anno precedente. In cifre assolute, le separazioni, in 15 anni, dal 1982 al 1997, sono praticamente raddoppiate, passando da 33.807 a 60.281; più che raddoppiati i divorzi, passati, nello stesso arco di tempo, da 14.640 a 33.342. 

I figli coinvolti corrispondono a 65.727 nelle separazioni, un non piccolo esercito, e 28.593 nei divorzi. Il 91,7 dei minori sono affidati alle madri. 

Come sostiene Claudio Risé, uno dei primi e dei pochi ad introdurre in Italia questo scottante tema, ciò significa che "moltissimi giovani maschi crescono con una relazione estremamente labile con il padre e vengono iniziati alla vita sociale da una donna"; ma anche la madre più attenta e consapevole dell'importanza della complementarità dei ruoli nella costruzione della identità nulla potrà fare in merito alla trasmissione del patrimonio istintuale, della cultura materiale e simbolica propria del maschile, per il semplice motivo di non possederla. 
Tale fatto determina una fragilizzazione dell'identità maschile che ha come effetto non unicamente la produzione di infelicità sicure, anche per le donne, ma che è anche fonte di tremende patologie sociali. 
Ciò che è accaduto in altri paesi dovrebbe metterci in guardia. Negli Stati Uniti esiste un termine per rappresentare la situazione di tali figli separati dal padre: Fatherless, "senza padre" appunto. 
Ed è da alcuni decenni che al tema viene data una costante attenzione. Da noi un termine corrispondente non esiste ed il tema è praticamente ignorato. 
Una semplice riprova la si è avuta con una ricerca in Internet. Il termine Fatherless ritornava, il 20 agosto 1999, tramite il motore di ricerca Altavista, 9.739 pagine (contro le 4.975 pagine di una verifica fatta nel marzo precedente); il corrispondente italiano "senza padre" ne recuperava 114 (ma erano solo 23 in marzo); pochissime pertinenti al tema. 
Il termine Fatherhood, ritornava 39.210 pagine; l'equivalente italiano Paternità ne tornava 2.567 (ma erano solo 417 in marzo, a conferma dell'esplosione del problema); fatta su Virgilio, motore di ricerca italiano, la ricerca ritornava 10 siti contenenti la parola paternità, solo un paio in qualche modo attinenti il nostro argomento. 
Meglio è andata con il motore di ricerca Arianna, che sullo stesso termine ha restituito 3.459 documenti. 
Non è solo una questione di grandi numeri e di culture diverse, per quanto questo sia, ovviamente, importante. 
L'America se ne occupa perché il problema è ormai diventato esplosivo. 
Nell'ottobre 1995 Bill Clinton, parlando all'università del Texas sulla questione razziale, alla fine del suo discorso ha fatto una digressione che, tradotta, suona così: "Il maggior problema sociale nella nostra società può essere considerato l'aumento dell'assenza dei padri dalle case dei loro figli, perché ciò si ripercuote su moltissimi altri problemi sociali". 

L'Associazione "Iniziativa Nazionale sulla Paternità" diretta da Wade Horn, ha stimato che attualmente quasi il 40% dei bambini americani non vive con il padre biologico. 
Fonti ufficiali americane ci dicono che le conseguenze di questa separazione sono drammatiche: 

il 63% di giovani suicidi proviene da case senza padre (U.S. D.H.H.S., Bureau of the Census); 

il 90% di tutti i bambini di strada (stiamo parlando dell'America, non del Brasile) proviene da case senza padre; 

l'85% di tutti i bambini che esibiscono disordini del comportamento provengono da case senza padre (Center for Diseases Control); 

l'80% dei violentatori provengono da famiglie senza padre (Criminal Justice and Behavior, Vol. 14, p. 403-26, 1978!!); 

il 71% degli abbandoni scolastici provengono da case senza padre (National Principals Association Report on the State of High Schools); 

il 75% di tutti gli adolescenti assistiti nei centri antidroga (chemical abuse centers) provengono da case senza padre (Rainbows for all God's Children); 

l'80% di giovani nei riformatori proviene da case senza padre (U.S. Dept. of Justice, Special Report, Sept. 1988); 

l'85% di tutti i giovani detenuti nelle prigioni è cresciuto in case senza padre (Fulton Co. jail population, Texas Dept. of Corrections 1992). 

Non è per esterofilia che si sono citati dati stranieri. E' perché in Italia, semplicemente, non esiste nessun dato sul problema, come un po' imbarazzato ha confermato un funzionario dell'ISTAT interpellato. Persino i dati relativi agli affidi in caso di separazione e divorzio non distinguono tra maschi e femmine. 

Altri dati pure significativi relativi a delinquenza minorile, disagio sociale ecc., semplicemente non vengono correlati con la situazione di assenza o meno del padre dalla famiglia. 

Se i dati relativi alle separazioni, ai divorzi ed agli affidi continueranno, come è lecito supporre, a svilupparsi secondo la progressione presentata in apertura, appare tutta la drammaticità dello scenario che si prefigura per la società prossima a venire e per coloro che in essa vivranno. 
Solo una precisa consapevolezza, accompagnata dalle opportune azioni, dell'importanza della paternità per l'equilibrato sviluppo della personalità potrà contrastare l'orizzonte di infelicità al quale i nostri figli sembrano destinati. 

E' su questo, anche, che il gruppo dei Maschi Selvatici, coordinato da Claudio Risé, si sta muovendo, nello sforzo di proporsi, oltre che come strumento di informazione, come "padre sociale ai giovani maschi senza padre e ai padri in ricerca di una identità smarrita".