L’altra faccia della violenza sessuale sulle donne: le false violenze

Sia gli uomini che le donne sono capaci di verità e hanno il coraggio della verità.

Articolo tratto da http://www.secondop rotocollo. org/index. php?option= com_content&task=view&id=855&Itemid=1

L’altra faccia della violenza sessuale sulle donne: le false violenze
Scritto da Cristina Monceri
lunedì 03 dicembre 2007

Nel titolo ho voluto precisare il termine “violenza sessuale” per scinderlo in modo netto dalle violenze fisiche alle quali molte volte larga parte dell’universo femminile è soggetto dentro le mura domestiche senza purtroppo avere i mezzi o il coraggio per denunciarlo. La precisazione deriva da un lungo ragionamento che mi sono fatta seguendo le vicende di Carlo Parlanti, quelle della presunta vittima e da alcuni studi e ricerche che ho fatto spulciando qua e la.
Le violenze sessuali sulle donne hanno anche un’altra faccia, quella delle false denuncie, fatte per i più svariati motivi e interessi che vedremo mano a mano che andremo avanti nello sviscerare i dati ufficiali.
In un articolo di qualche tempo fa Jacqueline Monica Magi, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pistoia, affermava che “potrebbe sembrare incredibile che si possa accusare qualcuno che si sa innocente di un delitto turpe quale quello di violenza sessuale, eppure avviene più spesso di quanto si creda, distruggendo la possibilità di fare giustizia per i casi di vere violenze”.
“Il reato di violenza sessuale - prosegue la Magi - non è sempre di facile prova, non essendo sempre disponibili prove oggettive sia perché non sempre una violenza sessuale lascia tracce, sia perché non sempre la denuncia avviene in tempo utile per raccogliere questo tipo di prove ( prove oggettive si intendono tracce di sperma, di peli pubici e tracce organiche in genere )”. Questo ci fa capire che, se da un lato sia difficile provare la violenza si assiste spesso all’abuso della denuncia la quale fa leva sul crimine particolarmente efferato e sulla credibilità della vittima.
Secondo studi effettuati in America,(studi condotti per l’Aeronautica Militare Americana dal dott. Charles P. McDowell) oltre il 60% delle denunce di violenza sessuale sono false, sono frutto cioè di storie inventate e senza alcuna “prova oggettiva”, ma sfruttano la tendenza tutta americana di credere tendenzialmente alla vittima, la quale “usa” questa peculiarità per i più svariati motivi che vanno dalla vendetta personale al mero interesse, specie dopo che negli Usa è stato introdotto una sorta di risarcimento per le vittime di crimini sessuali.
Per fare un esempio, in pochi sanno che le vittime di stupri negli Stati Uniti percepiscono mensilmente una indennità che varia da caso a caso. Se la cosa è giusta quando si tratta di vere vittime di stupri, la stessa assume i contorni della beffa e del reato quando a percepire quell’indennizzo sono le false vittime. Questo ha portato l’amministrazione Usa a rivedere sensibilmente al ribasso gli indennizzi verso le vittime di reati sessuali, danneggiando di fatto proprio le vere vittime.
Nel caso specifico di Carlo Parlanti, la vittima (Rebecca White) percepisce qualcosa come 9.000 dollari mensili, ha un contributo fisso per l’abitazione pari a 450 dollari mensili, gli è stata concessa la completa esenzione su qualsiasi medicinale, ha la scuola gratuita per i figli, prende il 50% di quanto riceve Carlo dalla famiglia e di tutto quanto potesse essere riconducibile a lui negli Usa. Mi spiego meglio, se qualcuno (Katia) invia 200 dollari a Carlo sul conto della prigione, 100 dollari vanno a lei.
Abbiamo più volte sottolineato come in questo caso specifico non solo non esistano “prove oggettive” ma addirittura esistono prove che la presunta vittima ha mentito su tutti i fronti, quello che non abbiamo mai sottolineato è l’interesse che ha spinto la vittima a inventarsi tutto questo, danneggiando di fatto migliaia di altre vittime reali di stupro, vittime che veramente meriterebbero una forma di indennizzo.
Va fatta una precisazione, per fare questo una truffatrice, come in questo caso Rebecca White, ha bisogno di un corposo aiuto da parte di un procuratore, ha bisogno cioè di qualcuno che sostenga la sua storia e che copra quelle poche prove false portate al processo, altrimenti, di fronte a una giustizia equa, non avrebbe alcuna possibilità di farla franca.
Se a questo aggiungiamo la recidività del soggetto (aveva fatto la stessa cosa con il suo ex marito che però aveva intelligentemente patteggiato pagando una cospicua somma di denaro) decade anche quella attendibilità della vittima di cui parlava la dott.ssa Jacqueline Monica Magi quando sosteneva che la mancanza di prove oggettive poteva essere bilanciata dalla credibilità della vittima.
Sul perché un procuratore degli Stati Uniti si presti a tutto questo per ora sorvoliamo, proviamo cioè a credere che lo faccia in buona fede (ma ne parleremo a tempo debito), rimane il fatto che in questo caso la vera vittima di abusi sta in prigione e chi ha abusato sta fuori e si gode una ricca pensione. Quello che però vorrei rimarcare è il danno che una storia come questa apporta alla causa delle vere vittime di stupro, un danno che non è quantificabile oggi ma lo sarà solo tra qualche tempo, comunque un danno enorme. E’ l’altra faccia delle violenze sessuali sulle donne dove la presunta vittima è in effetti il vero carnefice.

Cristina Monceri

[18 dicembre 2007]