Simboli religiosi e cattiva coscienza
In Francia stanno approvando la legge che vieta ogni simbolo religioso nei luoghi pubblici.
Ci chiediamo perché questi simboli terrorizzino tanto i fautori della laicità. Questa si presenta come l'essenza della "tolleranza" e del rispetto, ma in realtà è ideologica in senso pieno. Perché suppone che la religione (qualsiasi) sia di per sé un fattore di divisione che solo la laicità potrebbe eliminare, ma soprattutto perché tende a confinare l'esperienza religiosa nel campo dell'esperienza individuale ed intimistica, ossia pensa l'uomo come animale originariamente a-religioso, su cui la religione si innesterebbe per motivi storico/sociali. In realtà negando i simboli che liberamente si vogliano portare, si nega l'identità stessa della persona. Con la stessa logica si dovrebbe negare anche l'"ostentazione" del nome (Mohammad o Levi o Pietro sono un chiaro indizio d'appartenenza), o addirittura dei tratti fisognomici. Perché infatti dovrebbe dar noia un velo o un copricapo e non il colore della pelle? Un tempo, a scuola, si utilizzava una divisa uguale per tutti: un grembiule a coprire le differenze economiche tra le diverse famiglie. Non ci appassiona l’egualitarismo, neppure quello economico, ma registriamo che qui accade l’esatto rovescio: si omologano le identità religiose, etniche, culturali (vietando croci, copricapi tradizionali, etc.), mentre si esaltano quelle economiche e di censo. La nuova legge francese rappresenta in sommo grado quel processo di “neutralizzazione” (separazione dello spazio politico dal sacro) che ha investito l'Europa ormai da molti secoli.
La Francia, certo, è il Paese di punta di questo percorso, che però rischia di segnare il destino di tutto l'Occidente; soprattutto dell'Europa, giacché il lascito culturale della Rivoluzione Americana è, da questo punto di vista, molto più positivo di quello della Rivoluzione Francese. L'iniziativa d'Oltralpe è dunque espressione di quel circolo perverso attraverso il quale - secondo Claudio Risé - «lo Stato toglie al cittadino la sua forza, rendendolo così ancor più dipendente dalla forza (dissimulata) dello Stato stesso». E' per mezzo dell'abolizione del sacro (e degli aspetti naturali dell'esistenza) che i regimi politici moderni riescono a svuotare ed indebolire l'individuo, costringendolo ad identificarsi con le strutture di un potere dissacrato e dissacrante, ambìto e/o subìto. Perché, parafrasando Jünger e Foucault, soltanto chi non ha un profondo - e condiviso - credo religioso, soltanto chi pensa che con la morte finisce tutto, può essere facilmente ridotto in schiavitù dal (bio)potere secolarizzato. Che mira a distruggere ogni vincolo organico e comunitario, per fabbricare artificialmente una società di eguali. Nella disgrazia.
Paolo Marcon