Meglio un padre assente o un padre cattivo? Nel dubbio, pagare

Questa la soluzione che si è dato il Tribunale di Venezia (Sent. pubbl. 30 giugno 2004 [PDF]) nel decidere un risarcimento di danno esistenziale da "privazione della figura genitoriale".

Si tratta del caso di un ormai ex-giovanotto, che circa vent'anni or sono diventò malgré soi padre naturale di una bambina, ma che fin dai tempi della gravidanza - non interrotta nonostante le sue richieste - è vissuto nel più completo e reciproco disinteresse sia rispetto alla madre che alla figlia.
Forse ormai pensava di averla fatta franca, considerato che le due donne per loro stessa ammissione se la erano cavata fin troppo bene, grazie anche alla funzione vicaria ben presto assolta dall'uomo che sposò la madre. Tanto che la sentenza del lontano 1987 che condannò l'incontinente giovanotto al contributo nel mantenimento della bambina è rimasta lettera morta fino ai nostri giorni, a quanto sembra senza reazioni giudiziarie da parte della madre.
Tuttavia, a seguito di un fugace incontro improvvisamente cercato dalla figlia ormai ventenne, nel quale la stessa era rimasta delusa dalla freddezza mostratale dal genitore puramente biologico, quest'ultimo si è visto arrivare tra capo e collo una causa per danni che ha fruttato a madre e figlia in solido il cospicuo risarcimento di 80 mila euro, a titolo di danno morale. Il totale disinteresse del convenuto (che nel frattempo si era fatto una propria famiglia ed una buona posizione economica) è continuato anche a seguito della citazione, visto che è rimasto contumace, e quindi sarebbe curioso sapere come avrà reagito alla sentenza.
Ma a parte questo, alla sola figlia sono stati liquidati ulteriori 50 mila euro per danno esistenziale, ed è qui che le motivazioni sono particolarmente interessanti. Il Tribunale lagunare infatti ha espressamente riconosciuto che nella specie non sussisteva alcun danno né patrimoniale né biologico, in quanto la giovane non aveva nemmeno dedotto la perdita di alcuna opportunità di vita a causa della assenza del padre naturale, né aveva subito alcuna apprezzabile alterazione psicofisica: davanti al CTU la ragazza aveva parlato di qualche disagio infantile nel doversi qualificare con il cognome della madre, ma aveva ammesso di avere comunque sviluppato una vita affettiva equilibrata e soddisfacente.
A quanto pare, il principale trauma esistenziale allegato dalla figlia è stata l'ansia provata a seguito di un recente ed improvviso impulso di rintracciare il padre biologico, seguito dal dispiacere di averlo trovato piuttosto freddo e distaccato, e non disposto - aggiungiamo noi - a plateali riconciliazioni sullo stile dei programmi tv di Maria De Filippi. Esperienza senz'altro spiacevole, benché prevedibile e quindi di dubbio impatto traumatico. Peraltro, lo stesso Tribunale ha osservato che "un padre oppressivo, ovvero culturalmente violento (culturalmente? Ndr) ovvero ancora palesemente immaturo ... può costituire presenza ben più alienante di una mera assenza". E allora, come è stato individuato il danno esistenziale ulteriore a quello morale, già cospicuamente liquidato?
Orbene, per il Tribunale di Venezia è stata decisiva la "percezione" da parte della ragazza del fatto che avrebbe avuto il "diritto fondamentale" basato sull'art. 30 della Costituzione all'assistenza morale e materiale di entrambi i genitori naturali. Il giudice lagunare, pur avendo statuito che non avevano rilievo alcuno le ragioni del rifiuto di paternità, ha aggiunto che tale "percezione" sarebbe stata aggravata dallo scoprire all'improvviso che il convenuto, nei circa vent'anni successivi al fugace rapporto con la madre delle cui conseguenze non ha voluto farsi carico, "si era creato una famiglia e una professionalità".
Questo particolare è stato evidenziato non tanto rispetto alla colpa del danneggiante, ritenuta poco rilevante, quanto rispetto alla gravità del danno subito dalla figlia. Quindi, secondo il Tribunale sarebbe di per sé fonte di danno esistenziale scoprire che il proprio padre biologico non ha mostrato alcuna resipiscenza per avere rifiutato la situazione fin dalla gravidanza, continuando la propria vita come se nulla fosse successo, benché abbia poi dimostrato nei fatti che sarebbe stato in grado di supportare economicamente e anche affettivamente le conseguenze della propria giovanile esuberanza. Al punto che nella fattispecie avrebbe pesato - ben oltre i limiti del danno morale - "la consapevolezza raggiunta infine dall'attrice di essere stata trattata come il figlio di un mammifero diverso da quello della specie umana". Questa consapevolezza è valsa da sola 50 mila euro, quindi più della quota parte del danno morale già liquidato alla giovane con la stessa sentenza. Pare dunque di capire che un minimo di interessamento del padre naturale, secondo questa decisione, va visto come un diritto costituzionale la cui privazione produce in re ipsa un danno esistenziale, per quanto possa essere pacifica la presenza di una figura sostitutiva paterna fin dall'infanzia. Infatti la sentenza in esame ha risolto il sopra citato dilemma sulla preferibilità di un padre assente rispetto a un padre violento, precisando che "ex art. 30 della Costituzione, si esige lo spiegamento di forze, qualunque ne sia l'esito: ... purché al fatto naturale del concepimento, proprio ad ogni specie animale, non consegua il mero disinteresse, la morte presunta, per così dire, della figura genitoriale".
Interessante. Da tenere presente quando si tratterà di andare o no a votare per i referendum sulla procreazione assistita (ma non avevano detto che sarebbe incostituzionale proibire per legge la fecondazione eterologa perché la paternità solo biologica non conta nulla?). Intanto, rimaniamo in attesa di poter commentare qualche sentenza del genere a carico di madri separate che abbiano colpevolmente disatteso i provvedimenti giudiziari relativi al diritto di visita del genitore "non affidatario". Così, tanto per capire se si tratta di un diritto a senso unico o se funziona anche nell'altro verso. (…)

[30 aprile 2005]