Il maschio umiliato nello spot

Tratto dalla rubrica Info/psiche lui di Claudio Risé
In Io Donna, allegato al Corriere della Sera del 30 aprile 2002. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io Donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132 Milano

Oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it

 

Nelle pubblicità si vedono sempre più donne “potentissime” (direi onnipotenti), che ridicolizzano un maschio, di cui apparentemente non sanno più che fare. Lo lasciano a piedi scappando con l’ultimo modello di auto, lo prendono a calci per aver osato toccare sempre la suddetta auto, lo rifiutano alla festa (anche se è George Clooney, basta che lasci il vino), lo umiliano sbavandogli la bocca di rossetto, e via di questo passo. Ultima, é arrivata Sisley, moda e jeans, di cui ho visto due immagini. Nella prima una modella occhi di ghiaccio cavalca in posa orgasmica un lui sellato a dovere, tenendolo per i capelli mentre guarda verso lo spettatore con aria vogliosa. Nella seconda, lei gli ha scoperto il sedere e lo tiene sulle ginocchia nella posizione della sculacciata. Per picchiarlo usa una scarpa (che la senta bene), sulla maglietta porta scritto FIRE (fuoco sul nemico? Il fuoco della giustizia divina? Sono tutta un fuoco?). Personalmente, sono convinto che il miglioramento della vita, e della psiche, maschile e femminile siano legati tra loro, non si può umiliare l’uno senza fare del male all’altra. Le immagini sono strumenti potenti e, se usate male, nuocciono. Perché degradare il maschio? Per instillare insicurezza? Come se ce ne fosse bisogno! C’è una strategia dietro tutto ciò? O è solo per vendere un paio di jeans?

Alessandro Fantini, Milano

Caro amico, non credo in un “piano occulto” di demolizione del maschio. Mi risulta, invece, che siano sempre più numerose le donne seccate per lo stato precario in cui molti uomini si trovano, anche come effetto della denigrazione mediatica, come nelle pubblicità che la hanno irritato. Inoltre, molte di queste campagne sono realizzate da pubblicitari maschi, per aziende dirette da uomini. Sotto queste pubblicità volgari c’é qualcosa di più grave: un generale disprezzo verso la persona umana, per la dignità dell’individuo, uomo o donna che sia. Lei ha ragione di sentirsi offeso come uomo; mi sembra però che anche molte donne possano sentirsi umiliate dal venire rappresentate come amazzoni seminude e spiritate, o come sculacciatrici perverse. Lei giustamente deplora la: “coscia scoperta e profferta”, della ragazza mostrata nella prima immagine Sisley di cui ci parla. Ma questo é ancora il tradizionale uso del corpo femminile come oggetto (anche se stavolta rappresentato come “oggetto potente”, o presunto tale). Di (relativamente ) nuovo, c’è che al trattamento del corpo femminile come un oggetto, si accompagna ormai la riduzione a cosa anche del corpo maschile. Giustamente lei così descrive il modello nella sua lettera: “Lui é inesistente e sopraffatto, belloccio e obbediente, ovviamente sostituibile con un altro, per quello che fa, "trotta e zitto", insomma.” Quest’uomo (e tutti gli altri con lui), è vero, viene pesantemente umiliato: ma nella dinamica sadomasochistica ognuno dei due viene contaminato e svilito dall’umiliazione dell’altro. Ed in queste immagini, entrambi, l’uomo e la donna, vengono degradati all’interno della logica “usa e getta” che domina il lato più irresponsabile (ed anche economicamente -oltre che eticamente- arretrato) della società dei consumi, e delle imprese che lo adottano. Stupisce, piuttosto, l’infantilismo col quale queste potenti imprese trattano immagini dotate di questo potere di suggestione e turbamento. L’advertising manager della Sisley ha, per esempio, così risposto ad un insegnante che protestava per la campagna: “siccome sono anni e anni che veniamo tacciati di sessismo contro il genere femminile, sono contenta che ora anche il sesso maschile si ribelli! Orde di femministe si sono ribellate perché si sono sentite trattate come "oggetti". Una risposta di cinismo agghiacciante: prima abbiamo fatto soffrire le donne, adesso tocca voi. Smentita poi da quest’altra, inviata ad un indignato imprenditore : “questa immagine voleva solo essere un gioco, uno scherzo”. Si tratta di giochi, quelli con l’immaginario sadomaso e i suoi rimandi violenti, in cui tutti perdono. Forse, alla fine, anche le aziende che li utilizzano spregiudicatamente, sperando di guadagnarci.

Claudio Risé