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Dalla rubrica info/psiche lui, Io Donna, allegato al Corriere della Sera, novembre 2000 E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it |
«Leggo con sconcerto sui giornali che la Francia (come già succede nei Paesi scandinavi) si prepara ad approvare i permessi di paternità; i neogenitori avranno diritto a 15 giorni di congedo retribuito per la nascita dei figli. L’esperienza mi ha invece insegnato che la presenza del padre, sempre utile, diventa indispensabile quando i bambini crescono e hanno bisogno di una forte presenza che insegni loro a camminare con le proprie gambe. I permessi di paternità dovrebbero essere consentiti, anzi incentivati, proprio in quella fascia d’età. Le leggi di oggi purtroppo vanno nella direzione opposta e favoriscono la trasformazione dei padri in “mammi”, nell’erronea convinzione che le funzioni materne e paterne siano intercambiabili. Dalle sue risposte mi sembra che lei sia d’accordo. Non ha mai pensato di promuovere, insieme ad altri, una legge d’iniziativa popolare su questo tema? Forse non riuscirà a fermare la deriva, ma almeno si smetterà con l’apologia dei “mammi”, una sciocchezza conformista e dannosa». Armando, Incisa Valdarno
Caro amico, compito di
questa pagina non è promuovere leggi ma riflessioni. Se qualcuna di esse
aiuterà il legislatore a capire che i permessi di paternità servono
soprattutto a partire dagli undici-dodici anni, e non a uno o due, potremo
dirci soddisfatti. Per certi versi è davvero difficile capire l’insistenza
di alcuni governi occidentali nell’incentivare la sostituzione del padre
alla madre nel primo periodo della vita. Tanto più che abbondante è ormai
il materiale clinico che dimostra con chiarezza la relazione tra disturbi
psicologici gravi e in crescente aumento (come quelli nei comportamenti
alimentari) e la privazione di una sufficiente relazione col corpo della
madre nella fase subito dopo la nascita, così decisiva per lo sviluppo
dell’individuo. Quanto all’importanza del padre negli anni della pubertà e
dell’adolescenza, come figura di introduzione al mondo sociale, di
addestramento allo sforzo, alle ferite che la vita infligge, non è certo
una novità. Psicologia e antropologia hanno chiarito sin dall’inizio del
Novecento come questa funzione sia specifica del padre, e debba essere
svolta in particolare dalla preadolescenza in poi. Claudio Risé
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