Maestre o Maestri? Una riflessione sulla assenza presenza di insegnanti maschi nella scuola

A cura di Armando Ermini

Da qualche tempo, all’apertura dell’anno scolastico i giornali hanno iniziato a parlare della femminilizzazione della scuola, un fenomeno comune a tutta l’Europa “sviluppata”, ma che in Italia è particolarmente evidente, essendo ormai il corpo insegnante pressoché interamente femminile nella scuola primaria e assolutamente preponderante in quella secondaria. Ci si sta accorgendo, pare, che l’assenza di figure maschili nuoce ai ragazzi, specialmente ai maschi ma anche alle femmine. I primi per mancanza di una figura con cui identificarsi, le seconde perché viene a mancare un “confronto” con l’altro sesso. E’ noto da sempre, anche se si tenta, senza riuscirci, di smentire questa verità, che ragazzi e ragazze hanno diversi modi e tempi di apprendimento.

Ne discende che le metodologie didattiche dovrebbero tener conto di queste caratteristiche, e per conseguenza è opportuno che entrambi i sessi siano adeguatamente rappresentati nel corpo insegnante. Di questa rinnovata attenzione al problema sono segno due articoli dei primi di settembre. Uno è l’editoriale di G. Ferrara su Il Foglio (Il mio maestro non è una femmina) che abbiamo già linkato e che è interamente condivisibile, l’altro è di Repubblica del 4 settembre, nel quale non mancano tuttavia alcune frecce avvelenate. La giornalista attribuisce a due cause la carenza di maschi insegnanti. Il fatto che gli uomini rifiutino la “cura” e il basso livello dei salari. Entrambi gli argomenti possono essere facilmente rovesciati. Il primo perché, come dirò dopo, che la scuola sia “cura” non è per niente scontato, ed infatti in passato non era così. Per il secondo, credo che sia proprio l’assenza maschile dovuta a motivi culturali a far si che i salari si siano abbassati, e non l’inverso. Anche perché i salari non piovono dal cielo ma vanno contrattati, e ciò esige, insieme a un buon livello di sindacalizzazione, anche la disponibilità a lavorare per un tempo complessivamente maggiore dell’attuale. Comunque i Maschi Selvatici, che da anni hanno dedicato una sezione del sito alle problematiche dell’insegnamento al maschile (cfr. http://www.maschiselvatici.it/index.php?option=com_content&view=category&id=105&Itemid=62), non possono che rallegrarsi dell’attenzione, che in certi casi arriva fino a ipotizzare delle vere e proprie “quote azzurre”. Noi siamo sempre stati contrari alle quote di qualsiasi colore per più motivi. Sono frutto di una concezione dirigista e illiberale della società, affrontano una problematica culturale mediante strumenti legislativi e quindi la distorcono, sottendono discriminazioni presunte per sanare le quali se ne attuano con certezze di vere, e infine perché, per come sono concepite, sono solo una mera questione di potere che non si riesce ad ottenere con le sole proprie forze e capacità. Tuttavia la loro marcia sembra inarrestabile e nessun movimento politico, per scarso coraggio e abbondante piaggeria, osa schierarsi apertamente contro il mainstream. E allora, se quote devono essere che quote siano, ma dappertutto e iniziando proprio dalla scuola. Per un motivo fondamentale: avrebbero come scopo non un potere vero o presunto dei beneficiari, ma il bene dei ragazzi che non può non stare a cuore di tutti.
In ogni caso, quote o non quote, è un fatto che alcuni Paesi si stanno muovendo concretamente, mentre in Italia siamo ancora allo stato delle chiacchiere. In più Lander tedeschi, ad esempio, sono stati varati incentivi economici, ma più ancora di questi è importante questo slogan inventato per incoraggiare l’insegnamento al maschile: “Ragazzi tosti per bambini tosti”. Lo ritengo molto significativo perché rompe un modo di pensare la professione d’insegnante ormai consolidato da decenni, per la scuola primaria ma non solo. E cioè che l’insegnante debba essere anche, e soprattutto, una “mamma”, e che l’insegnamento si risolva prima di tutto in una compito di “cura” e quasi di accudimento, al quale gli uomini si sentono ovviamente meno portati delle donne. E’ la concezione maternocentrica che ha abbassato il livello della scuola italiana ed ha contribuito ad allontanare i maschi. Se davvero si vuole richiamarli occorre cambiare questa concezione, per le scuole secondarie ed anche per le primarie, senza trascurare gli asili. Già, perché anche negli asili una maggior presenza maschile sarebbe importante. In fin dei conti l’insegnante d’asilo è la prima vera figura di adulto con cui un bambino si confronta fuori dalla famiglia. E se è vero che a tre anni c’è ancora molto bisogno di “mamma”, è altrettanto vero che si iniziano ad apprendere i primi rudimenti di autodisciplina e si inizia ad identificarsi con figure di riferimento adulte. L’assenza maschile toglie loro qualcosa, a parte che non è scritto da nessuna parte che un uomo non possa aver cura di un bimbo. Certo, lo farà in modo diverso da una donna, e spesso anche più salutare, ma anche questa diversità offrirebbe al bambino una ricchezza d’esperienze che ora gli manca.

Di seguito alcuni link a siti e articoli che trattano l’argomento.

http://www.fogliolapis.it/sond1.htm

http://www.giovaniesocieta.unibo.it/paper/7a/santoni.pdf

FEMMINISMO E FEMMINILIZZAZIONE NELLA SCUOLA ITALIANA
Il grande assente.

http://mondo.panorama.it/Germania-caccia-al-caro-vecchio-maestro-maschio

http://www.didaweb.net/fuoriregistro/leggi.php?a=9176

http://www3.lastampa.it/scuola/sezioni/news/articolo/lstp/446610/

http://adottatari.giuntiscuola.it/content/la-pedagogia-delle-differenze-6-la-differenza-di-genere

Maschi e femmine a scuola: stili relazionali e di apprendimento

http://www.cesp-pd.it/spip/IMG/pdf/1_parte.pdf