TEATRO - Il Sergente

A cura di Armando Ermini

Il 30 ottobre, su La7, è andata in onda in diretta, la performance teatrale di Marco Paolini , Il Sergente, tratta dal romanzo di Rigoni Stern “Il sergente nella neve” che racconta l’odissea della ritirata dell’armata italiana dalla Russia durante la seconda guerra mondiale. Di fronte ad un pubblico attento e meditativo, composto da molti giovani, maschi e femmine, si è snodata quella storia di uomini, di amicizia, solidarietà ed eroismo maschile, che non può non commuovere e destare immenso rispetto, al di là delle motivazioni politiche della guerra, della sua inutilità o meno.
Mi ha colpito in particolare il passaggio in cui un soldato, ferito ed in attesa di essere rimpatriato, si trova ospite in una isba (la casa russa) abitata da una donna col suo bambino. Il soldato, debilitato anche psicologicamente, passa praticamente tutto il giorno accucciato sotto un tavolo. In questa posizione gli accade spesso di ascoltare il canto della padrona di casa e delle amiche che vengono a trovarla. Ed è tramite questo canto femminile che quel soldato ritrova la motivazione, la spinta e la voglia di vivere, la speranza che andava morendo.
E’ vero, la voce femminile produce echi ed emozioni profonde negli uomini (anche in me), quasi che la donna, il suo corpo, la sua voce, fossero la strada per la vita e per Dio (e dunque, potenzialmente, anche un’arma per sviare da Dio), un po’ come la bambina del film Waterworld, sulla cui schiena era disegnata la mappa per giungere all’unica terra emersa rimasta dopo la catastrofe, e quindi alla vita.
Questa “funzione” del femminile invita a qualche riflessione:
1) L’attrazione che il maschio prova verso la femmina non può essere ridotta ad un fatto di ormoni o di combinazioni chimiche. La bellezza femminile è il mezzo di una ricerca maschile, non lo scopo. Non si tratta cioè della ossessiva ricerca del piacere sessuale, come ci viene detto ogni giorno dai media nel racconto distorto e falso che fanno degli uomini. C’è ben altro. Pensavo a queste cose qualche giorno fa, vedendo in dvd un film con la splendida Marilin Monroe. Lo stesso ascoltando le canzoni di Loreena Mc Kennith.
2) Quando le donne dimenticano questo loro altissimo”destino” e vogliono fare i maschi, perdono gran parte del loro fascino e della loro attrazione. Si, rimane un corpo bello, sessualmente desiderabile, ma che tende per forza di cose a diventare solo un oggetto da usare da parte maschile. E parallelamente uno strumento di potere per le donne stesse che infatti se ne avvalgono abbondantemente.

Ripenso spesso al passaggio del Parsifal di Claudio Risè in cui il guerriero deve sostenere la prova di una lunga contemplazione del corpo nudo della donna amata prima di lasciare il desiderio libero di realizzarsi. E’ il tempo in cui si affina, si arricchisce di significati, si riempie fino ad andare oltre se stesso , e l’unione dei corpi si trasforma in mezzo per acquisire armonia col cosmo, e per i credenti con Dio. Ma perchè accada occorre che vi sia la percezione da parte maschile che l’attesa non è solo differimento del piacere pulsionale, e la capacità di autocontrollo non una mortificazione dell’istinto ma il modo per esaltarlo fino al suo senso più profondamente umano, ammesso naturalmente che si creda che l’uomo sia qualcosa di più di un animale. Ed occorre vi sia la disponibilità femminile all’accoglienza, alla passività dell’essere contemplata, e la capacità/volontà di abbandonarsi senza schermi mentali e cerebrali, e senza retropensieri, allo sguardo maschile. Tutte cose, mi sembra, sempre più difficili da trovarsi sia negli uomini che nelle donne d’oggi.

[12 novembre 2007]