Eros, isteria e seduzione

Incontrare un uomo che stiri, faccia il bucato o svolga altre faccende domestiche è ormai abbastanza comune.

Non siamo ancora al "trophy husband", come lo chiamano in USA, ma gli stereotipi intorno alla figura del maschio, che è tanto più forte quanto più evita i fornelli e la lavatrice, sono retaggio del passato. Ci sono uomini che cucinano, passano l’aspirapolvere, scaldano biberons, cambiano pannolini e spingono il passeggino. Non ci troviamo nulla di virilmente disdicevole. Ma se accettare alcune forme di indifferenziazione significa non avere alcuna intenzione di spingere le donne alla subalternità di un gineceo, siamo dell’idea che la funzione maschile e quella femminile debbano essere comunque ben distinte. Nel libro della Genesi il corpo umano è segnato dal sigillo della mascolinità o della femminilità. Il sesso, non può essere ridotto a puro dato biologico, ma è una componente fondamentale della personalità. La tomografia ad emissioni di positroni e la risonanza magnetica nucleare permettono di evidenziare le differenze del cervello dell'uomo e della donna. Tali esami consentono di affermare che alcune caratteristiche sessuali sono espressione di un programma genetico prestabilito. L’idea di maschile e femminile, dovuta all’intreccio di natura e cultura, porta ad una serie di interpretazioni che si evolvono nella storia delle varie civiltà, con esiti anche diversi, ma non si può negare che le peculiarità di ciascun sesso poggino su una base biologica concreta e cogente da cui si diparte la dimensione psichica, su cui si può innervare la cultura senza violare la natura. Da sempre sono stati considerati requisiti maschili l’attività, la forza, l’orientamento, il coraggio, la competizione, il dono; sono stati considerati requisiti femminili la passività, la debolezza, la circolarità, la soggezione, il dialogo, l’accoglienza. Anche se la teoria del costruttivismo sociale vede le differenze come mere scelte di opportunità fatte in prevalenza dal genere maschile, le donne e gli uomini non sono affatto uguali e funzionalmente intercambiabili. La società post-moderna è invece fatalmente livellata, fin dalla prima educazione, su modelli di riferimento femminili. In rapporto agli atteggiamenti, la differenza sostanziale tra i due sessi consiste nel fatto che il maschio “agisce” la crescita mentre la femmina la “medita”. Il maschio è attivo nell’esplorazione dello spazio esterno, cerca avventure e sfide. La femmina si cimenta in una discussione tutta interiore. Lo scenario mentale e relazionale dei due sessi è del tutto differente, eppure i bambini vengono cresciuti e scolarizzati al femminile, si impongono loro dei freni e dei paradigmi che richiedono la repressione di tutti i comportamenti naturalmente maschili. La scuola buonista, che deresponsabilizza e impedisce il superamento della condizione infantile, è solo parte di un contesto molto più ampio che, radicalizzando le istanze prima del femminismo ed oggi del genderismo, accetta ed esalta solo il valore di tutto ciò che è antitetico al maschio. Il capitalismo ha sempre incoraggiato le donne a lavorare allo scopo di esercitare una pressione al ribasso sui salari degli uomini ed oggi le esigenze del capitalismo globale impongono che brame e bisogni si omogeneizzino su standards di tipo fluido. Ecco quindi il primato del consumismo accompagnato dal sostegno del vittimismo di genere, dall’invasività dello Stato nel disciplinare la famiglia, e dai tribunali che criminalizzano i maschi, peggio ancora se padri. Questa società, dominata dal matriarcato mercatista che si sdegna di fronte al virilismo, è caratterizzata dal male-bashing, dai centri di sostegno psicologico, dalla voglia di apparire sempre giovani, dalla fabbrica dei divorzi che ha liberato un infinito anelito d’amore perfetto, dall’apparato “terapeutico” proposto-imposto alle coppie che si separano, ed è afflitta da un’instabilità sistemica. E’ la società del rischio, nella quale regnano la paura e le ossessioni, dove la minaccia è onnipresente e dove domina l’isteria. Questa società presa ora dall’intercambiabilità dei ruoli maschili e femminili, ora dalle richieste del femminismo identitario, sembra spingere verso la realizzazione di un esiziale ginandromorfismo. Il declino dell’autorità, l’assenza dell'elemento maschile, cioè la spinta all'adempimento, alla costanza e alla stabilità, segnano la rinuncia all’alterità umana e alla possibilità di relazioni compiute; tolgono chiarezza ai confini, anche quelli tra la passione e la repulsione, tra la gioia e il dolore, tra ciò che è consentito e ciò che è vietato. Sembra un paradosso, ma oggi è ritenuto osceno il sentimento e viene negata anche la sessualità. Solo l'eros domina incontrastato, uno stato di eccitazione continuo diffuso con i dettami della moda, con le immagini accattivanti della televisione, con il mito del successo, con la proposta di nuovi beni e con l’assillo di possederli. Viviamo in un mondo femminilizzato dove ogni gadget sprizza seduzione, dove i genitori sono entità fluttuanti smarrite nella confusione educativa e nell’interferenza reciproca. I sessi sono complementari e antagonisti, ciò significa che si attraggono e nel contempo si combattono, ma la trasformazione sociale realizzatasi ha visto una dura dialettica tra il maschile e il femminile; alimenta una vera e propria guerra tra le denotazioni della paternità (soccombente) e quelle della maternità (trionfante). Il padre non è più la figura che introduce ai rapporti con gli altri, che insegna ad affrontare il mondo, che protegge dai rischi delle facili seduzioni, che trasmette l’identità culturale, che rompe il cerchio fusionale materno del soddisfacimento dei bisogni e che traccia i limiti all’interno dei quali far transitare i figli verso la vita adulta. L’assenza di una figura paterna forte ed autorevole porta solo alla ricerca narcisistica dell’io, toglie significato alla differenza sessuale, schiaccia su un eterno presente e su una perpetua smania, libera i fantasmi dell’autopoiesi. La ginocrazia che vige in America bussa da tempo alle nostre porte. L’uomo diventa donna, vuole sentirsi capito e protetto, si commuove davanti ad un film, abbassa gli occhi, non è mai all’altezza, usa cosmetici, fa le diete e sa apparecchiare una tavola con eleganza. Anche il maschio, pur afflitto da un’avvilente percentuale di défaillances sessuali, è sedotto dal consumo compulsivo e, in questi ultimi tempi, una delle sue angosce sembra essere diventata la cura del corpo che non è mai abbastanza muscoloso, agile e in ultima analisi bello. L’ordine virile e la funzione paterna avevano un senso e si collocavano nel divenire di ogni comunità; il politicamente corretto è femmina: non distingue ma uniforma, non inventa ma conserva, non rischia ma condanna l’audacia, non governa ma spadroneggia. Il rifiuto della “legge” del padre, espulso ormai dalla famiglia, lascia che le nuove generazioni restino imprigionati nel corpo seducente del femminile mercatista che con i suoi incontrastati cicli produttivi e riproduttivi fagocita e appiattisce ogni cosa. L’Impero del Bene non mette paletti all’isteria e all’eros. Una società isterica ordisce sempre nuove trame che impediscono al desiderio di avere una conclusione così da poterlo irretire indefinitamente. L’eros decorporeizzato sollecita la psiche a danno dello spirito, rende oggetti tra i tanti oggetti, sconfigge uomini e donne. L’insenso del tutto, sottolineato dalla scomparsa della figura paterna, segna, tra l’altro, l’aumento della devianza giovanile, maschile e femminile. Non sono socialmente irrilevanti comportamenti come l’abuso di alcool, il consumo di droghe, il bullismo, il danneggiamento del patrimonio pubblico, la violenza sessuale di gruppo e tanti altri reati, furti e omicidi compresi.

Antonio Bertinelli

[6 ottobre 2008]