Lettera cinese

Il testo che pubblichiamo è scritto da una persona che lavora nell'area dove tutti gli studiosi di economia situano il prossimo spostamento del baricentro del motore economico mondiale e cioè la Cina.

Chi scrive, l'ing. Farinelli, appartiene alla nostra civiltà e per di più è ingegnere, il che fa supporre che appartenga alle realtà di impresa italiane capaci di competere sui mercati internazionali e su quello ancora più impegnativo della Cina: la parte economicamente più vitale e moderna della nostra società.
Insomma un Marco Polo di oggi che però guarda anche a se stesso e alla nostra civiltà con gli occhi di una civiltà, come quella cinese ,antica di quattromila anni ed ora riconosciuta come probabile prossima guida dell'area in cui si giocherà il futuro dell'Umanità.
Uno dei "nostri", dunque, che ha acquisito anche uno sguardo "altro" ,"straniero" e da questo sguardo ci racconta. La civiltà cinese, profondamente altra in cui si è perso ma anche ritrovato, possiamo dire che è il suo "bosco"? e che il suo sguardo è uno sguardo"selvatico" a controprova impressionante di tanti aspetti del nostro sguardo "selvatico" sulla nostra civiltà? In ogni caso ci scriva ancora dalla Cina: più selvatico di Marco Polo...
I Maschi Selvatici



Changde (Hunan, Cina) 28 Mag 07

In merito al caso di Brescia (un padre impossibilitato ad avvicinare il figlio a causa delle normative oggi in vigore in materia di affido) e alla tendenziosa campagna promossa dalla Commissione Pari Opportunità della stessa città, vorrei qui esprimere quella che è una mia (ma ormai non più solo mia) modesta opinione, allargando il tema per ricercare le cause di tanto disagio.

Credo non possa essere messa in discussione la realtà che ha sempre accompagnato il cammino della specie umana, impastata di uno spirito (conservatore) femminile, destinato alla cura e protezione amorevole della giovane vita generata dall’unione dell’uomo e della donna, nonché di uno spirito (rinnovatore) maschile destinato a proteggere tale vita e quella della madre, permettendone la sopravvivenza nel tempo.
Come ingegnere mi rifiuto di credere, checchè ne dicano certi cosiddetti intellettuali a rimorchio del femminismo radicale, araldi dell’ideologia “del genere” (gender theory) che questa unione fondante la società umana non sia provvidenzialmente, in importanza e dignità, suddivisa al 50% (non una frazione decimale in più o in meno) fra entrambi gli elementi che la compongono, pur nella chiara distinzione dei ruoli dettata dalla natura attraverso la diversità fisiologica.
L’azione del “rinnovare”, che è affidata dalla natura alla parte maschile della coppia, implica forza e virile sforzo aggiunto: spinta ad “afferrare” il fulmine per smontarlo, vedere come è fatto “dentro” e cercare di riprodurlo; e ansia di andare a vedere oltre l’orizzonte, fisico e interiore. Ciò richiede qualità tipicamente maschili: rigore, forza fisica, ragionamento, autocontrollo, disciplina, coraggio ma anche intuito. Queste doti hanno permesso di produrre nei secoli milioni di invenzioni meravigliose e utili ma anche, per la presenza di sentimento e sensibilità, opere d’arte sublimi, vanto dell’intero genere umano. Che queste opere siano di creazione eminentemente maschile non toglie nulla alla fondamentale importanza del contributo femminile quale ispiratore di esse.
Impedire che questa forza spontanea e naturale si eserciti, castrando l’impulso attivo teso al mutamento e alla ricerca, e venga addirittura irrisa nella sua dignità, significa condannare la società all’immobilismo e all’involuzione. Significa anche provocare ciò che è già accaduto: una delle più gravi emergenze sociali dell’Occidente (di cui i media si occupano sempre molto poco), in cui a farne le spese sono anche le donne che hanno voluto seguire, per partito preso, la via dell’esclusione della figura paterna e dell’autorità maschile. Donne ormai intrappolate fra l’ attaccamento patologico ai figli che non riescono più a controllare, insofferenti ad ogni disciplina e rigore di comportamento (vedere ciò che le aule scolastiche propongono continuamente oggi, e non solo in Italia) e l’ anaffettività e solitudine che si riassumono nell’incremento, senza precedenti nella storia, del ricorso alle cure psichiatriche in preda a depressione e nevrosi.
Secondo quanto programmato dalla “teoria del Genere”, ormai ufficialmente “approvata” quale linea comportamentale per la società futura sia alla Comunità Europea che all’ONU (su mandato di chi? Nessuno lo sa! Politici muti e media “distratti”!) l’individuo, non più classificabile per genere maschile o femminile, deve solo seguire, in nome di una superiore autorità onnipresente, gli indirizzi già programmati per entrare nel cosiddetto “mondo nuovo” , un “giardino di delizie” di cui egli potrà godere senza più limiti etici e morali, crogiolandosi in un materialismo edonistico e consumistico senza più la scomoda (e sorpassata) presenza dell’ etica e della morale patriarcale e di un’autorità che tale modo di vivere potrebbe porre in discussione.
Ciò si realizza attaccando e poi abolendo la famiglia nel suo ruolo fondante della società e, per arrivare a ciò, abolendo la figura maschile quale portatrice di “autorità naturale”. Di conseguenza, ecco il pestaggio mediatico del maschile effettuato ormai da decenni senza soluzione di continuità: apertamente, occultamente o, addirittura, subliminalmente (fare caso agli spot pubblicitari e alla tendenziosità di moltissimi articoli di giornale) orchestrato da giornali, tv e cinema, tutti allineati su questa linea “politically correct”.
Linea che impone anche l’esaltazione del femminile, portandolo ad autodivinizzarsi e a credere che, come genere, sia in grado di competere “anche fisicamente” nei confronti di quello maschile, col risultato di creare generazioni di povere ragazze plagiate e destinate a confrontarsi prima o poi (aimè) con la realtà “vera”, dove per esibire le caratteristiche virili di forza fisica e morale non basta ispirarsi ai modelli di ridicole amazzoni ammazzasette tutte armi da guerra e arti marziali, e grottesche dark ladies mostrate sempre in posizione dominante, proposte ormai continuamente dai film di registi volponi e senza scrupoli.
Del resto, più del 90% delle morti per infortuni sul lavoro riguarda uomini, e ciò la dice lunga sui tipi di lavoro scelti dalle donne quando… il gioco si fa duro! Quando cioè occorre assoggettarsi a dure fatiche fisiche (miniere, cantieri), spostamenti prolungati, orari flessibili e rischi notevoli! In un regime di risorse limitate, quale imprenditore può essere obbligato ad assumere (per esempio, in una miniera o in un cantiere stradale) una donna il cui rendimento fisico si sappia già essere meno della metà di quello maschile, dovendola pagare allo stesso livello? E’ giusto che non l’assuma, perché le “pari opportunita” valgono solo là dove la donna sia capace di competere veramente alla pari. Se vuol fare la minatrice, si rassegni a prendere per quello che dà e la finisca di lamentarsi della “discriminazione maschilista” sul lavoro!
Questa linea di esaltazione del femminile ha l’altro riscontro nella mortificazione continua dei meriti e virtù maschili. Senza più una guida che non sia al femminile (mamma, nonna, maestra, assistente sociale, professoressa) i ragazzi sono costretti a scuola sin dall’inizio in classi miste, poiché ormai pare accertato (da chi?) che le differenze comportamentali e attitudinali fra maschio e femmina siano solo indotte dall’ambiente (sono state proposte da certi “educatori” bambole per i bambini maschi e macchine dei pompieri per le femmine!!). Ma essi sono anche costretti, ad ogni piè sospinto, ad imbattersi in vergognosi messaggi mediatici che creano in loro sensi di colpa (“maschio sempre e comunque stupratore”), oltrechè disorientamento e insicurezza sul proprio ruolo, cosa che trova poi un riscontro nella vita da adulti, facendone pagare le spese anche alle donne.
Ed infine eccoci alla luminosa società futura prevista dalla “Teoria del genere”: una società di egoistici ermafroditi, interessati solo al consumismo fine a se stesso: una società di polli d’allevamento, senza aneliti (tanto meno spirituali); polli da mantenere finchè idonei a produrre e consumare acriticamente ciò che viene fatto credere indispensabile, e da tollerare con insofferenza quando ritenuti non più in grado di farlo. Società a cui il femminismo radicale, a sua volta semplice strumento manovrato da concentrazioni di potere (economico, mediatico, politico) sempre più potenti e incontrastabili (altro che Berlusconi!), sta facendo da battistrada .
Da qui la riluttanza dei grandi gruppi finanziari internazionali ad investire nelle aree dei diseredati del mondo, dove non sia possibile un riscontro economico immediato. Da ciò anche il tentativo di abbattere ogni codice etico e morale: aborto libero; famiglia sempre più allargata; disinteresse per gli anziani; messaggi erotici in ogni dove per distogliere attenzioni ed interessi dell’individuo, perché accetti senza guardare (giudicare) tutto ciò che viene proposto dall’alto, spesso in maniera occulta, se non subliminale (in USA i messaggi subliminali non sono neanche fuorilegge).
Ormai più femminilizzato che ermafrodita, l’individuo “progettato” dall’ideologia del “genere” , mancando delle doti virili, soggiacerà facilmente a tale stato di piacevole intontimento edonistico-consumistico. Egli dovrà solo consumare, senza pensare troppo, proprio come un perfetto idiota. Se cominciasse a pensare infatti, potrebbe mettersi in testa di contrastare l’energia cinetica sempre più dirompente del volano del “Grande Giocattolo” che tutti “allieterà”.
Così, piano piano, senza il supporto dell’energia creatrice e rinnovativa, la società tenderà a regredire, pur imparando a convivere con giocattoli sempre più tecnologizzati e inutili. Fin dove regredirà, culturalmente e sociologicamente? Mi viene in mente Banpo, un villaggio matriarcale nei pressi di Xian, qui in Cina: è di un’età molto più recente ma i reperti archeologici sono al livello evolutivo dei villaggi del neolitico.

[31 maggio 2007]