Nicola Calipari
“Non si torna indietro per incontrare il mito; lo si incontra di nuovo, quando il tempo trema fino alle fondamenta sotto la pressione dell’estremo pericolo” scrive E. Junger (Trattato del Ribelle, Adelphi, Milano, 1990).
In Nicola Calipari, abbiamo di nuovo incontrato il mito dell’eroe nella sua pienezza ed essenza. Intanto le circostanze, dense di simbolismi. Un agente dei Servizi, da sempre considerati espressione del potere, offre la sua vita per salvare una donna, una intellettuale comunista e femminista. E poi, soprattutto, la personalità di Nicola Calipari, distante dall’unica immagine del maschio “buono” che il politicamente corretto ammette: quella del pacifista disarmato, del maschio dolce, di colui che rifugge sempre e comunque dall’uso della forza, considerata l’espressione della natura oppressiva del genere maschile. La sua personalità spiazza, perché non era neanche un rambo ossessionato dalle armi e dalla violenza. Era tuttavia un agente dei Servizi Segreti, e come tale un uomo “armato”, che in missioni pericolose entrava in contatto con ambienti non esattamente pacifici. E soprattutto, quali che fossero le sue personali convinzioni sulla guerra in Iraq, aveva scelto di esserci, e nel modo più rischioso. Un uomo che, sacrificandosi per proteggere col suo corpo quello di Giuliana Sgrena, ha fatto molto di più del suo dovere istituzionale. Nessuno lo avrebbe biasimato se nel momento degli spari si fosse accucciato sul fondo dell’auto. Il suo gesto protettivo è stato istintivo, un dono gratuito profondamente inscritto nell’identità maschile. I maschi, da sempre, sono stati abituati a considerare “sacrificabile” la propria vita in virtù del concetto di protezione verso gli altri, in particolare donne e bambini. E’ il modo maschile di “dare”. E’ in questo tratto della personalità di Nicola Calipari, nel suo non corrispondere all’immagine stereotipata del maschio oscillante fra il culto della violenza e quello della “dolcezza”, che sta la pienezza del gesto, l’essenza mitica e archetipica dell’eroe ritrovato. Se oggi siamo portati a sorprenderci, è perché, ormai da decenni, il principio fallico e spirituale dell’energia e della forza maschili, con quanto implica di accettazione del rischio e del sacrificio, è stato in buona parte rimossso dalla coscienza occidentale, a favore di un atteggiamento passivo, centrato sul bisogno e sull’interesse personale. E’ in questa rimozione che vediamo il pericolo estremo di cui parla Junger. Pericolo estremo perché il contenuto rimosso e criminalizzato dell’energia maschile diventa l’ombra distruttiva e incontrollabile del singolo e dell’intera società. Pericolo estremo perché un mondo in cui il principio fallico sia emarginato, disconosciuto e disonorato, diventa un deserto, come hanno scritto E. Pound e T.S. Eliot, magari comodo ma privo di slancio vitale e spirituale, e di potenzialità trasformative. Noi siamo convinti che esistano tanti uomini con la tempra di Nicola Calipari, nonostante il perdurante linciaggio mediatico antimaschile, e nonostante il fatto che, passata l’emozione del momento, torneremo a leggere articoli e ad assistere a trasmissioni televisive che parleranno di nuovo della pavidità degli uomini, della loro arrogante prepotenza, della loro inutilità sociale ed inferiorità morale. Lo stesso clima “culturale” per cui, all’indomani della recente manifestazione per la liberazione di Giuliana Sgrena, la Repubblica ha pubblicato in cronaca romana un pezzo dal quale si desumeva che quello era stato un corteo esclusivamente femminile o quasi. Un falso sul piano di realtà ed un segno di miseria umana. Quasi sia naturale che le associazioni femminili scendano in piazza per chiedere la liberazione di una donna e non altrettanto per un uomo, quasi che una vita umana richieda una diversa mobilitazione a seconda del genere, quasi ci si vanti di un separatismo femminile in questo caso davvero immotivato. Che il sacrificio di Nicola Caliperi serva, è questo il nostro augurio, a ricollocare il principio fallico al posto che gli spetta nella coscienza della collettività. Gli uomini, le donne, il mondo, ne hanno immenso bisogno.
A. Ermini