Sperma show, tutto quanto fa spettacolo, specialmente l'autodegradazione maschile

A cura di Armando Ermini

Apprendiamo dal quotidiano La Repubblica che in Olanda e in Inghilterra andranno in onda, fra breve, due trasmissioni televisive nelle quali, con diverse modalità, alcuni maschi si sfideranno per essere scelti da una donna come donatori di sperma.
Nella trasmissione olandese, dal titolo “Voglio un figlio ma nient’altro”, una donna nubile scieglierà l’uomo che giudicherà il miglior donatore.
In quella inglese, “Make me mum” (Rendimi mamma), circa mille uomini, così si legge, si sfideranno lungo sei puntate, per essere scelti sulla base di due diversi parametri.
Il primo, diciamo così soggettivo, concerne la sensibilità, l’intelligenza, le condizioni economiche, l’apparenza e la prestanza fisica dei “candidati”. Il secondo, “scientifico”, concerne invece la compatibilità genetica e la qualità dello sperma.
La notizia fa indignare (guai a perderne la capacità), ma non stupire. Sappiamo che in questa società tutto è oggetto di consumo e di business, anche la vita. Sappiamo che la spregiudicatezza degli autori di programmi televisivi non ha limiti. Sappiamo che l’onnipotenza femminile, la pretesa di fare a meno del padre e degli uomini in generale, è incentivata e coltivata in ogni modo. Sappiamo anche, infine, che esistono tanti, troppi maschi che si prestano a queste operazioni.
Visto che di tutto il resto abbiamo scritto molto e ripetutamente, e i visitatori del sito lo sanno bene, oggi vogliamo parlare di quest’ultimo aspetto.

Non prima, però, di aver sottolineato ancora una volta che l’onnipotenza femminile è solo apparenza. Infatti, nel cercare lo sperma di un certo tipo di uomo (intelligente, sensibile, prestante), è implicito il riconoscimento che esistono doti maschili importanti ( che piacciono), e maschi reali che ne sono portatori. Perché allora cercarle in astratto nello sperma di un uomo destinato a rimanere un fantasma, un simulacro, e non cercare quell’uomo concreto con cui costruire un progetto di vita?
La risposta è una sola. Paura della relazione e paura del maschile in quanto tale. E dunque le sbandierate autonomia e sicurezza nascondono il loro contrario, insicurezza e timore.

Tornando al maschio, anche se nel linguaggio corrente si usa, non per caso, il termine ipocrita di “donatore”, la vendita del proprio sperma è una forma di prostituzione. I selvatici non sono moralisti, e finchè non esiste costrizione, ritengono che ognuno sia libero di agire come vuole
In questo caso però, il commercio di seme maschile non è un atto che si esaurisce nello scambio “economico”, ma un mezzo per fabbricare artificialmente la vita e mettere al mondo figli senza padri. La faccenda, da qualunque angolazione la si consideri, è molto più grave e importante.
Viene del tutto naturale chiedersi , usando lo stesso metro di giudizio applicato per la prostituzione del corpo femminile, perché non abbiamo ancora letto che i venditori del proprio sperma sono in realtà vittime inconsapevoli di una violenza da parte delle clienti (è la domanda che crea l’offerta, ci si ripete continuamente) che nasce dall’uso del potere riproduttivo femminile; e perché nessuno ventila l’ipotesi di punire la cliente, come nel caso delle lucciole.
Eppure, almeno in Italia dove esiste una legge che vieta la fecondazione eterologa, sarebbe molto più coerente rispetto alla punizione del cliente della lucciola, visto che la prostituzione non è un reato.
Ma naturalmente noi non crediamo affatto che colui che vende il proprio sperma o ama esibirsi in TV per essere scelto come bravo “fecondatore” senza godimento ma con retribuzione, sia una povera vittima. Costui non è vittima, è semmai il prodotto inevitabile di una cultura che ha svalorizzato il maschio e il padre fino a renderlo inconsapevole di sé, del proprio valore e del proprio posto nel mondo.
Infatti, anche se in presenza di un io ipertrofico, soltanto se nel profondo dell’inconscio ci si percepisce come inutili e del tutto marginali in quanto maschi e padri, soltanto se già si stima il proprio valore pari a zero sia per la donna che per il figlio, si può tranquillamente vendere il proprio seme senza pensare alle conseguenze, sugli altri e su di sé.
Per questo il “donatore di sperma” occupa il primo posto nella nostra galleria dei “maschipentiti” o per meglio dire, in questo caso, “maschiperduti”.

La realtà è che dietro l’eliminazione del padre, cercata e/o accettata, si cela il disastro identitario della modernità. Femmine insicure, timorose della relazione con un maschio concreto, e uomini la cui autostima è stata azzerata. E tutto questo lo chiamano “progresso” o espansione dei “diritti”.

[17 agosto 2005]