Manifesto contro la pubblicità anti maschio (e anti persona umana)

L’identità maschile, nonostante l’atteggiamento squalificante di chi pensa al maschio come soggetto umano violento o predatore e nonostante le raffigurazioni televisive che lo confondono con l’allegro manager che percorre con la sua nuova auto un paesaggio fiorito (al posto del quale in realtà esiste un informe e manomesso magazzino), è qualcosa di molto più serio e dotato di valore irrinunciabile.

L’identità maschile si orienta infatti intorno ad un simbolo sacro, dotato di un sapere al quale per secoli intere culture hanno attribuito vitale importanza: il Fallo. Questo sapere è sempre stato considerato così importante da spingere le comunità umane ad organizzare veri e propri riti di trasmissione della cultura fallica alle nuove generazioni, riconoscendo in questa comunicazione un dono da un lato per il giovane maschio (al quale veniva conferita una degna e sana consapevolezza esistenziale) e dall’altro per la stessa comunità che traeva da questo dono un ritorno in termini di creatività, vitalità e rinnovamento. La sana identità maschile, sintonizzata con questo principio simbolico e col sapere di cui è portatore, è infatti caratterizzata da equilibrio e autonomia, capacità di proporre e realizzare nuove forme (tra cui la vita), donazione e amore nei confronti degli altri senza risparmio e calcolo, gratuita attenzione per il bene della collettività.
Numerosi studiosi, a seguito di rigorose ricerche sul piano antropologico e psicanalitico, denunciano da tempo la scomparsa della trasmissione del sapere che fonda l’identità maschile: ciò è avvenuto a seguito del processo di secolarizzazione che ha allontanato l’uomo dai simboli che ne orientavano l’esistenza ed in parallelo con l’eliminazione della figura deputata a tale trasmissione, il padre (o le figure maschili che ne costituivano il prolungamento). Un fenomeno preoccupante che incide sulla vita di ogni maschio e che la stessa comunità paga in termini di stasi ed increscioso abbrutimento. Osserviamo però, ora, che questo atteggiamento di svalutazione ed irrisione del principio che fonda l’identità maschile si sta diffondendo anche attraverso le immagini che i media (dalla televisione ai cartelloni pubblicitari) offrono con disprezzo e volgarità agli occhi di ogni maschio, ed in particolare allo sguardo dei nostri figli, ogni giorno. Ecco, in tali immagini, uomini adulti distesi come feti ai quali si promette un improbabile benessere (per vendere l’ultimo idromassaggio); ecco uomini schiacciati sotto il tacco di una donna (per vendere un paio di jeans); ecco padri che possono fare un giro in barca con il figlio solamente se accompagnati dal maglione di marca o dal cellulare collegato al satellite; ecco maschi che compiono gesta eroiche mentre il loro corpo è presentato sotto forma di una bottiglia di amaro (nonostante la tragicità a cui conduce la dipendenza da sostanze alcoliche). L’elenco potrebbe continuare all’infinito mostrando, in ultima analisi, la volontà di imporre l’immagine di un uomo dipendente e bisognoso, non maturo, un uomo per il quale il proprio simbolo fondante è motivo di scherno (se va bene) o diventa una merce privata di sacralità, un intercambiabile oggetto di consumo sul quale magari fare ironia.
Non è cosa da poco. Studiosi americani osservano che lo scherno e la derisione, icommenti ironici e l’umiliazione nei confronti degli aspetti che costituiscono la base per lo sviluppo di una sana identità di genere possono essere annoverati tra le forme di abuso sessuale. L’abuso, in questa forma subdola e non evidente, è responsabile di numerose patologie della personalità che danneggiano la crescita fisica, affettiva, relazionale, cognitiva e comportamentale di chi lo subisce. E cioè: ogni essere umano di sesso maschile, i figli maschi, le nuove generazioni nei confronti delle quali è inderogabile assumersi serie responsabilità. Non si può fare a meno di notare, presso i giovani maschi, il dilagare dell’uso di droghe, l’aumento di suicidi apparentemente senza motivo ma che indicano lo spegnersi della passione per la vita, l’abbassamento rilevante della fertilità. E naturalmente l’incapacità (impossibilità) di proporsi come soggetti capaci di portare un contributo creativo per il progresso, e non lo sviluppo, sociale.

Ci appelliamo dunque alla legge con l’intenzione di farla rispettare.

La Costituzione della Repubblica Italiana dice:

 

“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità…” (Art.2)

 

“E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana…” (Art. 3)

 

“La Repubblica protegge l’infanzia,… e la gioventù” (Art. 31)

 

“ La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività…” (Art. 32).

 

E’ evidente, da quanto detto sopra, che al momento tutto questo non è ancora realizzato.