Film a Venezia: maschi pentiti e falsa coscienza

La voce della grande madre.

Film a Venezia: maschi pentiti e falsa coscienza

Dall'articolo: "Che vergogna essere maschi" di Curzio Maltese (Repubblica, 8 settembre 1999). "Il leit motiv del cinema dell'anno Duemila, visto almeno da Venezia, è la vergogna di essere maschio. E dunque vigliacco, misogino, mediocre e narciso, fesso e neppure buono. Incapace di esprimere sentimenti (non parliamo di passioni), l'homo insipiens della nuova era sa essere a un tempo compagno noioso, amante ridicolo e padre inesistente. Un vuoto in giacca e calzoni tenuto in piedi dalle grucce di effimero narcisismo, sempre in procinto di evaporare, che dovrebbe compensare l'abissale quanto motivata assenza di autostima" "Il dio del cinema ne salva pochissimi, qualche ottuagenario, certi sensibili gay e i pochi coraggiosi che, piuttosto che andare in questo modo, decidono di farla finita. E s'ammazzano senza tante storie, si levano dai piedi, magari facendosi cadere dalle scale travestiti da mamma, come in un'applaudita scena di Buddy Boy." "Se l'ondata di cinema antimaschilista avrà un effetto correttivo e catartico, se spingerà a migliorarci, ben venga. Altrimenti, pazienza. Come s'è già detto per i giovani trentenni ancora in casa, non avere modelli forti presenta qualche vantaggio. Quali, non s'è capito. Ai nostalgici rimane la consapevolezza di tornare a casa e, in solitudine, iniettarsi in cassetta la serie intera di Indiana Jones."

LA RISPOSTA DEI MASCHI SELVATICI

"Quelle lacrime ipocrite per la morte del maschio" da Liberal 23 settembre 1999 Ricordate il maschio? Ricordate come gli venisse ingiunto di vergognarsi per il suo essere iperattivo, intellettuale, fallico, seduttore incallito, grandioso, fissato col coraggio? Ebbene adesso deve sempre vergognarsi, come invita Curzio Maltese ("Che vergogna essere maschi"; Repubblica, 8 settembre). Però i motivi di vergogna sono diversi. Adesso l'uomo non va bene perché è: "Vigliacco, misogino, mediocre e narciso, fesso… compagno noioso, amante ridicolo e padre inesistente". Così almeno lo mostrano, sembra, i film presentati a Venezia. Maltese, e altri, chiedono: dov'è il padre? Deplorandone l'assenza. Ma "patriarcale", nella cultura contemporanea, sta per arretratezza, prepotenza, autoritarismo, e così "paternalismo", e tutto quanto rimanda alla figura paterna. Tanto che media, ministri e ministre, da anni propongono il "mammo", padre che liquida, anche lessicalmente, la sua identità dietro quella politicamente corretta della mamma. Certo, allora, che il papà non c'è più. Non solo perché la multinazionale lo chiama, come una volta faceva la Patria. Ma perché l'uomo non è un eroe (del resto è stato ripetutamente pregato di non esserlo). Ed è quindi poco propenso a rappresentare un personaggio screditato, fonte solo di guai. Il padre-iniziatore diventa allora, a Venezia, l'orco sodomizzatore di "Les amants criminels", di François Ozon. E la vigliaccheria? Ma nel mito tardo-moderno della sicurezza il coraggio sta per "squilibrio". Lawrence d'Arabia, ma anche Ben Gurion, oggi finirebbero in tribunale per violazione dei diritti dell'uomo, e i capi di Stato maggiore rispondono alle mamme delle reclute, sotto pena di rimozione. Quanto al dongiovanni, è a costante rischio di emarginazione per molestie sessuali. A me questi ingloriosi maschi cinematografici suscitano invece solidarietà. Sono uomini, impegnati nell'eterna, improba fatica umana per la sopravvivenza, e l'amore.