Scampato alle docce un bambino non-nato da rieducare

Leggo sui giornali la pubblicazione di un articolo dal titolo: sopravvive all'aborto terapeutico un maschietto di sei mesi.

Dal contenuto dell'articolo non si capisce cosa sia successo in concreto il che mi costringe a sopperire alla mancanza di informazioni con l'immaginazione e quindi ipotizzando delle situazioni: il tutto risulta però ancora più inquietante. 
So che, come al tempo del nazifascismo e dello stalinismo, anche oggi non si possono chiamare le cose con il loro nome: i regimi di tutti i tempi devono evitare che il sonno della coscienza e della ragione possa venire turbato. Così è vietato dare il nome di orrore agli atti orrendi: del resto si chiamavano docce le camere a gas che dovevano annientare gli "untermenschen", rieducazione politica la devastazione della persona nei gulag e famiglia cristiana chiama "bambini non nati" i bambini eliminati per aborto. 
Girare il male in bene e il bene in male, magari con un gioco di parole, è una prassi antica quanto l'uomo e non c'è da stupirsene più di tanto. 
Così in Occidente se selezionare un maschietto di sei mesi perché non è dentro i parametri di salute previsti dalla madre e dal personale della ASL di turno, è un diritto della donna sancito dai parlamenti e quindi è obbligatorio parlarne secondo un linguaggio positivo, quello appunto che si utilizza per le conquiste dell'Umanità, un gesto romantico come regalare rose ad una collega di lavoro, e insistere, di
fronte al rifiuto, con un secondo omaggio floreale, significa commettere il reato di molestie e venire automaticamente licenziato (Repubblica 26 Agosto 1999). 
Tuttavia, non rinuncio a questo primitivo esercizio di verità e torno a chiamare orrendo al di là dell'immaginabile il fatto che con tanta leggerezza e letizia venga proposto su di un giornale, e romantico il gesto dell'impiegato (americano) che regala fiori alla collega ancorchè ostile. 
Dunque, dal resoconto un po' sommario del giornalista autore del testo, risulta che un maschietto di sei
mesi deve essere eliminato perché la madre, nel pieno esercizio del diritto di vita o di morte che le attuali legislazioni sull'aborto le riconoscono in esclusiva, insieme forse al padre, (e dico forse perché di lui non si fa cenno e giustamente dato che in queste situazioni non conta nulla), e ad un equipe di esperte selezionatrici e presumo selezionatori, decidono che deve morire perché affetto da una malattia. 
Io non ho capito di che malattia si tratti: al proposito nell'articolo si fa riferimento ad una emorragia cerebrale che non si capisce se è l'effetto delle pratiche abortive o la motivazione delle stesse. Si procede all'aborto ovvero alla messa in atto di tutte le tecniche che la scienza ha a disposizione per stroncare la vita del bambino. Per fortuna non sono un esperto e tiro ad indovinare: forse lo si tira fuori del ventre materno senza dargli assistenza così che muoia da solo travolto dalla sua malattia o malformazione, oppure lo si avvelena con una iniezione letale, oppure col bisturi usato come un coltello si devastano strutture vitali. 
Al termine di questo attacco, intenzionalmente mortale o per mancata assistenza o per interventi letali, che cosa succede? Il piccolo maschio non muore o meglio sopravvive ai tentativi dei selezionatori di
eliminarlo. Da questo momento in poi dall'articolo risulta che tutti coloro che fino a pochi istanti prima avevano formulato un giudizio di morte nei suoi confronti e stavano impiegando tutta la loro scienza e capacità professionale per ucciderlo, di fronte alla sua testarda pretesa di vivere cambiano parere, si commuovono e fanno di tutto per aiutarlo.
Viene descritto un quadretto di brave donne, madri e assistenti affettuose, e bravi medici che con uno straordinario rovesciamento di intenzioni, ruoli ed emozioni, emozionati e felici si fanno intorno al bimbo, vogliono guarirlo, si preoccupano del suo futuro e persino, grazie al pronto intervento del tribunale dei minori, di trovargli una nuova famiglia che lo cresca per il meglio. 
E qui non c'è chiarezza. Da che cosa vogliono guarire il bimbo? Vogliono guarirlo dalla malattia per cui era stato deciso di eliminarlo? Ma allora, anche nella stessa loro logica di eliminare chi non è curabile o curabile con grande sacrificio, non era da eliminare perché era curabile, oppure vogliono guarirlo dalle lesioni dovute alle pratiche abortive? Oppure vogliono guarirlo sia dalle une che dalle altre avendolo con
queste ultime ulteriormente danneggiato? 
Il bimbo si è salvato dalla malattia o dall'aborto o da entrambe? E ancora il padre era d'accordo oppure il tutto è stato deciso e compiuto contro la sua volontà e il suo amore per il figlio per cui selezionatori e selezionatrici operavano compiendo un' ulteriore terribile violenza contro L'intervista del mesepersona?
Ora lascio stare ogni commento sul tipo di cultura, scienza, diritto e civiltà che un episodio di questo genere svela: la storia non mancherà in tempi meno feroci e folli di consegnarli all'eterna vergogna delle culture che hanno dato vita a strutture dedite sistematicamente e consapevolmente a crimini contro l'umanità. 
Vorrei rivolgere un saluto al nostro piccolo maschio. Ben arrivato cucciolo di maschio ad aspettarti non c'erano donne accoglienti né madri premurose e forse nemmeno un padre amoroso: al contrario non gli andavi bene perché non stavi bene e volevano farti fuori aiutate da maschi che si son fatti premurosi
servitori del diritto statale di dare la morte. Se ti è possibile tranquilizzati: non ci sono solo loro, non ci saranno solo loro. La vita è da sempre amore e passione e cura dei maschi fino al punto di dare la vita per essa proprio come hai fatto tu con la tua battaglia vincente per la sopravvivenza. 
Grazie piccolo, non ti dimenticherò, non ti dimenticheremo, non ti dimenticheranno. 


Cesare, Brescia