Mal d’Africa

di Cesare Brivio

Sono tornato dalla capitale del Burundi, Bujumbura, sul lago Tanganika. Sono troppo limitato per dare pienamente conto del dono ricevuto dall’incontro con questa gente e questo popolo del Burundi. Un popolo che appartiene interamente alla condizione di caduta originaria, cui apparteniamo tragicamente tutti: sono pochi i mesi che separano i giorni attuali di pace, dai giorni della guerra civile tra l’etnia Hutu e l’etnia Tutsi. E tuttavia singolarmente e come popolo del Burundi, essi hanno fatto del proprio cuore e della propria mente strada libera perché la potenza gioiosa della vita si esprima in pienezza. Il fascino dell’Africa su cui mi interrogavo alla partenza, a me personalmente si è svelato in questa presenza affascinante della vita alla quale il cuore e la mente di questa gente si sono “arresi” e posti al servizio. Una presenza che è contemporanea presenza dell’energia del mondo inanimato, della natura, delle potenze del cuore e dello spirito umano e di quelle derivanti da una fede profonda e appassionata, come un fiume impetuoso e irresistibile che trascina via con sé, nella sua forza gioiosa e nella sua profondissima sapienza e speranza, anche il male del mondo che appare poca cosa, già sconfitto, a fronte di tanta vitale abbondanza di bene. Nel loro canto che accompagna la S. Messa, tutto questo è riassunto e trasmesso, così che ascoltandolo la capacità del mio cuore di reggerne la profondità e potenza vitale è stata messa a prova. La sera dalle case sulle colline si diffondono verso la città i richiami dei bambini che giocano. Con eroica letizia, fiduciosa determinazione, questa gente affronta le condizioni di una vita materiale durissima. Ho tratto la conclusione che chi si “arrende alla vita” fa esperienza del dono straordinario che la vita è, per cui tutto il resto è un di più. E la vita è comunque un irrinunciabile, straordinario e affascinante dono. E il mal d’Africa è per me ora nostalgia di questa presenza.

[18 marzo 2009]