Endurance. L'incredibile viaggio di Shackleton al Polo Sud

di Lansing Alfred

2003 Ed. Tea

Recensione a cura di Roberto Pelusio

 

naveL’odissea di Shackleton e dei suoi uomini
Senza preavviso l’altro giorno torno a immaginare quel gruppo di uomini scelti che si costruirono una nave su misura per affrontare l’impresa più spericolata e avventurosa che si potevano prefissare: affrontare i mari e i ghiacci del polo sud per raggiungere la mèta impossibile.
Con viva impressione la memoria mi fa risentire la minaccia del mare che si chiude intorno alla nave in una stretta di ghiaccio. Ripercorro il lungo calvario per liberarla e riprendere il cammino, che si conclude invece con la lenta agonia della nave, il suo gemere e scricchiolare via qualche pezzo giorno dopo giorno, un po’ come la vita di ognuno, fino all'abbandono finale.
Perché a distanza di un anno mi tornano in mente queste immagini?
Mi ripugna un po’ operare delle trasposizioni analogiche, però è anche vero che il nostro è il periodo storico in cui l'uomo si è prefisso di varcare i confini dei mari più lontani, sfidando Dio e ogni trascendenza, per raggiungere da sé, con le proprie forze, strutture, e regole l'impresa più impossibile: diventare come dio.
E penso anche che intorno alla nostra nave/società super tecnologica si stia chiudendo una certa morsa di gelo, il pericolo degli iceberg di ghiaccio che prima ti stringono nella paura, poi ti immobilizzano, ti piegano, ti comprimono e lentamente ti distruggono fino alla morte.
La nave non è forse simbolo della custodia e della salvezza della vita lungo il suo cammino?
Come il grembo della donna, come la famiglia?
Dunque chiedo: cosa spetta a quell’equipaggio, all'uomo, quando sarà costretto ad abbandonare la nave distrutta?
Un lungo esilio a piedi tra i ghiacci, l’approssimarsi della lunga notte polare e un esodo terribile, lungo e durissimo. E le probabilità di sopravvivere sono minime.
Come potranno proseguire e avanzare questi uomini, se non ritrovando quelle energie e virtù che misurano e ordinano ogni risorsa disponibile, che perseguono con fermezza e lealtà il proprio progetto senza cedere alle mille tentazioni che li porterebbero in breve alla follia alla disperazione e al delirio, che accettano e condividono la perdita per ripartire subito, che difendono sopra ogni cosa quel rispetto sacro per la vita umana e quel sentimento primordiale che spinge a sacrificarsi per essa, che li muove contro e oltre ogni ammissibile potenza naturale?
Quel romanzo racconta un fatto accaduto, un impresa impossibile del coraggio della tenacia e della resistenza di un pugno di uomini. Il finale non si racconta, lo si raggiunge con loro, insieme a quei grandi, tutto d’un fiato.
Che Dio ci doni uomini così e che ci dia un po’ di quella forza.

[14 marzo 2008]