Come sopravvivere alla modernità
(G. de Turris, Asefi, 2000) “Noi viviamo nella società più giusta, la più felice, la più egualitaria mai esistita”: così dice Popper, secondo cui la nostra società liberaldemocratica sarebbe il miglior sistema politico ed economico mai esistito.
Se la pensate come il filosofo liberale austriaco, questo libro di de Turris non fa per voi. Si tratta infatti di un “manualetto di autodifesa per il 2000 e oltre”, che si rivolge a chi non crede nella modernità come il migliore dei mondi possibili. Ma qual è il carattere dominante di questa modernità (o post-modernità)?
De Turris lo individua nel titanismo tecnologico, ovvero nel trionfo di quella “Tecnoscienza” che risponde ai soli criteri della razionalità strumentale. Contrariamente a quanto si sente ripetere spesso la tecnologia non è “neutra”, poiché si fonda su una precisa visione del mondo, che discende dalla stessa scienza moderna, tendente alla dissacrazione della Natura. Se la “demonia della tecnologia” appare oggi ineluttabile, l’uomo che sente di non appartenere a questo mondo ha a disposizione l’insegnamento di Maestri, come Evola, Jünger, Mishima. I quali hanno saputo non solo criticare il presente ma anche indicare i percorsi di resistenza e di lotta che l’uomo libero può intraprendere.
De Turris si rifà al pensiero di questi autori e spiega come l’Uomo differenziato di cui parla Evola, il Ribelle jüngeriano o il giovane Samurai, cui Mishima dedica le sue Lezioni spirituali hanno importanti tratti in comune.Soprattutto Evola e Jünger chiariscono come l’uomo di oggi non possa evitare il confronto con il deserto nichilistico.
Così la consapevolezza dello sradicamento provocato da una tecnologia onnipresente, non può risolversi nel rifiuto delle macchine. Non si deve insomma scegliere la strada di una fuga romantica verso il passato né quella di una fuga in avanti.Piuttosto si tratta di attraversare il disordine della modernità cercando in sé quel Centro che mette in contatto con i princìpi metastorici e perenni della Tradizione (Evola), o con il fondo immobile e sacro della Natura (Jünger).
Paolo Marcon (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)