Il pensiero forte (C.Bonvecchio)

 

pensiero

 

Il pensiero forte:
la sfida simbolica
alla modernità

(C. Bonvecchio, Settimo Sigillo, 2000)

 

La vorticosa accelerazione dei processi che segnano la modernità occidentale sta trasformando il mondo in una Terra desolata e senza Dèi.

Il destino del pianeta e dell’uomo sembra essere nelle mani di forze brutali e titaniche, che l’uomo moderno pretende di controllare come strumenti. In realtà, lo si vede sempre più chiaramente, è l’uomo stesso ad essere in balia di forze da lui suscitate. Si tratta di quelle false divinità (le tecnologie onnipresenti, le scienze moderne e profane, le teorie economiche, i quattrini), che richiedono sacrifici umani in misura di gran lunga superiore agli antichi Dèi.
Di cui l’uomo moderno ha decretato la morte, esultando, quasi fosse una liberazione. Il mondo dove “Dio è morto”, al contrario, è un mondo di uomini incatenati, di zombie. Perché la morte di Dio è la morte della Natura di cui l’uomo fa parte, anche se l’individuo occidentale della tarda modernità sembra ignorarlo. Ed è proprio questa “ignoranza” la causa della sua debolezza. La globalizzazione del pianeta (con i suoi effetti devastanti: omologazione delle culture, dei paesaggi, degli stili di vita), si fonda su un pensiero unico, cioè non-pensiero, che, a detta degli stessi promotori, è anche debole. La debolezza del pensiero della modernità, in definitiva, deriva proprio dall’incapacità di percepire la Natura e l’Uomo come totalità.
Claudio Bonvecchio, studioso di simbolica politica, in questa raccolta di saggi indica, come alternativa al pensiero razionalistico, il pensiero simbolico, capace di restituire all’uomo la sua identità, e dunque il senso della sua vita. Il pensiero simbolico è “forte” poiché è garanzia di unità (la parola greca symballo significa appunto “lego insieme”). Simboli e sistemi simbolici, che costituiscono il fondamentale strumento conoscitivo delle culture tradizionali, assicurano un cosmo ordinato in cui l’uomo si riconosce nei suoi simili e nell’ambiente in cui vive, partecipando ad una realtà trascendente. Come ricorda Mircea Eliade è proprio la partecipazione ad una realtà sacra, il sentirsi parte di qualcosa di più grande, che conferisce senso, valore e identità all’uomo e ai suoi gesti. Ciò nonostante, la cultura dominante dell’Occidente ha relegato nella sfera dell’irrazionalità inservibile il mondo dei simboli e la spinta all’unità che lo caratterizza. (N.B.: tale unità non ha nulla a che fare con l’unificazione tecnica del mondo. Quest’ultima appiattisce, sradica, distrugge, livella, mentre il Simbolo, come ricorda Bonvecchio, è una complexio oppositorum, un’unione degli opposti, una pluralità di sensi). Questo non da oggi, naturalmente. Secondo l’autore, uno dei momenti importanti della disgregazione dell’Occidente è rappresentato dalla Riforma protestante, che rompe l’unità della respublica christiana. Da allora la figura di Gesù Cristo, simbolo di unione universale, di unione tra la Terra e il Cielo – e, secondo la psicologia junghiana, simbolo del Sé, dunque ancora di pienezza e totalità -, viene rivendicata da confessioni diverse. Ma l’origine della modernità, lo nota sempre Bonvecchio, è da ricercare soprattutto nell’opposizione cartesiana tra res cogitans e res extensa, cioè tra pensiero e natura, anima e corpo, conscio e inconscio. Questa distinzione, infatti, sembra essere la radice stessa del nichilismo moderno che riduce la natura ad oggetto da manipolare, analizzare, sezionare. La spinta verso una definitiva secolarizzazione arriva poi dalla Rivoluzione francese che fa tabula rasa di ogni ordine simbolico, innalzando a divinità la Ragione. Una ragione che diventa sempre più strumentale, perdendo il legame con la coscienza solare, maschile e divina. Questo avviene in tutti i campi. Per esempio, Bonvecchio, che dedica un saggio al simbolismo della medicina, nota come la figura del medico moderno sia molto diversa da quella del medico tradizionale. Nelle culture pre-secolarizzate, infatti, il medico è prima di tutto sacerdote (da sacer dos: dò il sacro). Suo compito è quello di curare lo spirito insieme al corpo, in un quadro in cui la salute è la partecipazione armonica alla totalità del cosmo. Senza rinnegare i risultati ottenuti dalla medicina moderna, l’autore evidenzia la “povertà” dei medici moderni, che si propongono come tecnici e sono incapaci di comprendere come la malattia non sia una cosa distinta dall’uomo, inteso nella sua totalità, di anima e corpo.
L’uomo di massa della civiltà occidentale, per aver perso la relazione con il mondo dei simboli, è un uomo senza volto, senza identità, uno schiavo. Allora il ritrovamento della libertà e dell’identità passa attraverso la ri-scoperta dell’universo simbolico e sacro che la modernità ha rimosso, producendo collettività ed individui scissi e dunque schiavi di forze profonde incontrollabili. Con Il pensiero forte Bonvecchio ci introduce magistralmente nei percorsi misteriosi e affascinantisu cui ci dobbiamo incamminare, per vincere il vuoto, il nulla che ci assedia.

Paolo Marcon   (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)