Castità e dono

di Roberto

Tra noi maschi quando parliamo di sesso ci piace sottolineare gli aspetti di conquista e di avventura, oggi forse più frequentemente quelli di trasgressione. Ma ormai si parla sempre più di conquista o di avventura in termini quantitativi, ovvero in centimetri, minuti e geometrie, ed è significativo l’uso del termine "prestazioni". Ci si riduce un po’ a ingegneri o ragionieri del sesso, preoccupati di raggiungere un certo obiettivo. Forse perché ridotta e debole è la percezione e la relazione con l’altro. In ogni caso il sesso resta una potente e profonda, intima e vitale esperienza umana e come tale dovrebbe ritrovare una sua dimensione più semplice piena e fiera.
In questa direzione vale la pena di ricordare e recuperare la castità come virtù che riguarda l'uomo e come frontiera di conoscenza dell’altro e di sé.
Molte culture dell'umanità, passate e presenti, l'hanno stimata e praticata nei secoli, tuttavia oggi non se ne parla più, non sembra più apprezzata (almeno pubblicamente), e la si pensa come una questione che riguarda solo preti e religiosi che ne hanno fatto un loro personale programma di vita. E’ proprio così? Non può darsi che invece molti nella vita vi aspirino e la gustino magari anche senza saperlo?
Direi che la castità è ciò che conquista e restituisce all'altro (e quindi a sé stessi) la sua intera profondità di mistero, la dimensione di mistero, la sua amabilità piena come Soggetto, il suo essere altro da me ma non oggetto, la sua "alterità non consumabile". E' quel rispetto vero dell'altro e di sé che tanto cerchiamo e che un certo nostro modo di fare svilisce.
Nell’ambito della sessualità ci mostra tendenzialmente un esempio alto di amore, di dominio e di orientamento delle proprie pulsioni, di crescita e realizzazione dell'umano e della vita.
Non è astenersi dal piacere, ma è un atteggiamento che, a più livelli e in diversi ambiti, non ricerca soprattutto il piacere come esito, ma lo riceve a un certo punto come un bene donato, e a sua volta ricambiato. E’ come inoltrarsi nella natura di un bosco o nell’avventura con “l’altro da sé” senza pretendere di penetrarne il segreto, ma lasciando che esso si doni.
In questo senso essa non elimina e non reprime la sessualità, ma ne adotta e ne esalta pienamente la logica ...che è quella del dono.

[26 giugno 2007]