Prima le donne e i bambini

di Armando Ermini

E’ la legge non scritta secondo la quale, in caso di pericoli incombenti, gli uomini si fanno carico di mettere in salvo, a costo della propria vita, le donne e i bambini.
E’ sempre stato così. I maschi muoiono per proteggere. Indirettamente, come in guerra quando si oppongono agli invasori , o come quando muoiono a milioni sul lavoro ben sapendo che continuerà ad essere così nonostante tutte le necessarie e indilazionabili misure di sicurezza. O direttamente, quando si gettano nel mare in tempesta o in un incendio per strappare alla morte le compagne o i figli, propri o altrui. O come quando, di fronte alla scelta definitiva, rinunciano alla propria salvezza per consentire quella altrui. Ricordate il Titanic? Nulla è cambiato. Anche nel recente naufragio del traghetto greco Sea Diamon, la parola d’ordine è stata la stessa. “Prima le donne e i bambini”.
Il dono di sé, il sacrificio disinteressato, sono nel dna maschile da sempre. E noi vogliamo che continui ad essere così, che quell’antico ma eterno “codice d’onore”, continui ad essere la bussola che orienta i comportamenti maschili. Perché altrimenti ci vergogneremmo di noi stessi, non saremmo più capaci di guardarci allo specchio.
E come sempre non vogliamo pubblici elogi o titoloni sui giornali. I maschi si accontentano di molto meno, anzi di molto di più. Poche cose. Un riconoscimento silenzioso ma vero come era una volta e, connesso a questo, che cessi la guerra mediatica contro di loro, rappresentati sempre (quasi) come vigliacchi, prepotenti, oppressori. Gli infami manifesti bresciani contro i padri, per fare un solo esempio fra mille, devono cessare di esistere, anzi di essere concepiti.
E si “accontentano” anche di un’altra cosa. Che all’esercizio del potere, da parte di chiunque, anche le donne, corrispondano simmetrici doveri morali e assunzione di responsabilità. Così è sempre stato per il potere degli uomini maschi, spesso più oneroso che “onoroso”, così deve essere anche oggi se non si vuole che diventi privilegio, arbitrio e vera oppressione. Altrimenti, se non si è in grado di assumere obblighi e responsabilità, si rinunci anche al potere “comodo”, quello privo di rischi, ben sapendo d’altra parte che andare in prima linea o in miniera o su impalcature prive di protezione, non è affatto un potere ma un onere vissuto come servizio.
Altrimenti ci troveremo, fra non molto, a vivere in un mondo fatto di sola contabilità di convenienze, arido, conservativo e privo di ogni slancio eroico. E’ quello che sembra prediligere Giuseppe Bizzarro nel suo articolo su www.giubizza.tk “Non ci sono femministe in una nave che sta affondando”. Non che abbia torto nel sottolineare l’uso strumentale che un filone del femminismo fa dei concetti di uguaglianza e diversità, agitati sempre secondo convenienza. E’ la sua “soluzione” ad essere profondamente sbagliata, tutta interna a quella concezione del mondo tipica del femminismo grandematerno che pure dice di voler combattere. Dovremmo imparare a non esserne condizionati ed a non scendere sul suo terreno, che è poi quel mondo senza bisogno di eroi invocato da Bertold Brecht e caro ai suoi epigoni buonisti e politicamente corretti, che lascerebbe tutti profondamente infelici e insoddisfatti. I maschi, che hanno bisogno di sentirsi un po’ eroi per sentirsi maschi, e le femmine, che hanno bisogno di pensare, ammirare e stimare i loro uomini come possibili eroi, anche della semplice e dura quotidianità. Alla fine le cose sono semplici. Guai se uomini e donne se ne dimenticano, come tutto, nel mondo di oggi, spinge a fare. Ma è un mondo, come diciamo da sempre, per niente maschile, ad onta delle apparenze.

[10 maggio 2007]