Sparare nel mucchio. Quando il delirio è collettivo, e uccide

Don Giovanni Govoni era un prete; un prete ed un padre spirituale e simbolico per ragazzini e diseredati della bassa modenese.

Anche lui è finito morto fucilato; come dice la lapide che i suoi parocchiani hanno voluto sulla sua tomba, prima ancora che il processo fosse concluso: "Vittima innocente della calunnia e della faziosità umana".
Don Giovanni muore il 19 maggio del 2000 di crepacuore, a 59 anni, nello studio del suo difensore. Sarà solo tre mesi dopo però che il giudice lo condannerà in concorso con molti altri a 14 anni di reclusione, con accuse infamanti ed inverosimili tra le quali abusi sessuali e decapitazione di bambini, in seguito a riti satanici.
La denuncia era partita nel 1997 dalle dichiarazioni di una bambina già in carico ai servizi sociali, coinvolgendo poi molti adulti e quattro cuginetti della bambina. La sentenza di secondo grado, e poi la Cassazione, hanno scagionato tutti gli imputati dalle accuse di satanismo e omicidio plurimo di bambini.
Ma per Don Giovanni era tardi. Dice il fratello: «Mio fratello doveva essere il capo di un gruppo satanista. La madre dei bambini - secondo il pm - in pieno giorno portava i quattro figli al cimitero, li consegnava a don Giorgio e attendeva fuori. Il parroco li portava nel chiostro, dove alla luce del sole venivano violentati da un gruppo di adulti.
Il fatto che nessuno in paese avesse mai visto nulla era un particolare risibile». Questo di giorno, per mesi. «La notte, poi, nel cimitero avvenivano i riti satanici - continua Giulio Govoni -: molti bambini, secondo l'accusa, erano sacrificati al demonio e decapitati. I loro corpi venivano appesi a ganci, poi don Giorgio, finito il rito, li caricava sul suo "Fiorino Fiat" e li buttava giù dal ponte del paese». Irrilevante il fatto che nessun bambino della zona e dei paesi limitrofi fosse scomparso: il pm, convinto della colpevolezza di don Govoni, ordinò di dragare il fiume: 280 milioni tra macchinari e sommozzatori per recuperare unicamente il teschio di un morto della seconda guerra mondiale.
Ma questo non fu sufficiente per discolparlo; i video mostrano come si giunse all'accusa - e poi alla condanna - nella più totale mancanza di prove: "Piccola, chi era quell'uomo? Un dottore? Risposta: sì. Ma poteva anche essere un sindaco? Sì. O anche un prete?. Sì. Poteva chiamarsi Giorgio? Hai mai sentito questo nome?...".